DopoTravaglio, anche Beppe Grillo viene salvato dalla prescrizione. La corte di appello di Torino ha dichiarato infatti estinto il reato per il quale il comico genovese era stato condannato nel 2014 a quattro mesi di reclusione senza condizionale. Grillo era finito a processo per aver partecipato a dicembre 2010 a una manifestazione in Val di Susa contro la Tav, violando i sigilli apposti dalle autorità a una baita nell'area del cantiere della Torino- Lione.

Una condanna che avrebbe dovuto scontare, dal momento che per precedenti condanne Grillo non avrebbe potuto usufruire della condizionale. Ma il reato si è estinto per intervenuta prescrizione, essendo il giudizio di appello arrivato solo quattro anni e mezzo dopo la condanna di primo grado e otto anni dopo la contestazione del reato. «Non sussistendo i presupposti per una pronuncia assolutoria per motivi di merito ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale - si legge nella sentenza - dovendosi sul punto richiamare le argomentazioni svolte nella sentenza appellata, si impone, dato atto del parere favorevole espresso dal procuratore generale, la pronuncia di estinzione per intervenuta prescrizione». Il processo si è chiuso con 13 assoluzioni, a vario titolo, «per non aver commesso il fatto» o «perché il fatto non costituisce reato», mentre sono state 11 le sentenze di condanna, tra le quali quella di Grillo, nulle in quanto è trascorso il termine massimo di sette anni e sei mesi dal fatto.

Il fondatore del Movimento 5 Stelle, dunque, è stato “graziato” proprio grazie alla norma che il suo partito sta tentando di abolire, con l’inserimento, nel decreto anticorruzione, della sospensione dei termini al raggiungimento della sentenza di primo grado. Se, dunque, così fosse stato, il procedimento a carico di Grillo sarebbe arrivato fino in Cassazione, terminando dopo molti anni dalla commissione del reato. Un paradosso nel quale era incappato anche un altro grande sostenitore dell’abolizione della prescrizione, il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, come svelato qualche giorno fa dal Dubbio. I legali del giornalista, infatti, avevano chiesto l’annullamento di una sentenza di condanna per diffamazione, per un articolo pubblicato su l’Espresso, proprio sfruttando l’ «intervenuta prescrizione». Ricorso che la Cassazione ha però ritenuto infondato.

Il fatto ha suscitato l’ironia del deputato di Forza Italia, Francesco Paolo Sisto. «A Di Maio & soci, che tanto si sono spesi nelle scorse settimane per far passare l'equivalenza ideologica tra prescrizione e colpevolezza, chiediamo: ora che Beppe Grillo vede prescritto un reato che gli era stato contestato, entra di diritto nella lista dei “furbetti della prescrizione” che sfuggono alla giustizia? ha affermato - Pur trattandosi di un avversario politico, noi restiamo coerenti: Beppe Grillo è un cittadino che ha goduto dell'applicazione di un diritto costituzionalmente tutelato, quello alla ragionevole durata del processo. Ma questo caso è la prova provata di come il giustizialismo grillino, così carico di paradossi, finisca per rivelarsi un boomerang».