La carriera di Carmelo Zuccaro, procuratore Capo di Catania, inizia con la famosa indagine sulle Ong che soccorrono i migranti nel Mediterraneo. Indagine che poi verrà archiviata. Ma non la fama di Zuccaro che continua a godere dei favori del popolo come non si vedeva dai tempi di mani pulite, quando i milanesi sostenevano Di Pietro e compagni sclacsonando lungo corso di porta Vittoria e incitando il pool: “Non tornate indietro”.

Fatto sta che Zuccaro, per sua stessa ammissione, è da tempo convinto che “potrebbe esserci qualcosa di sporco”, di molto sporco dietro gli interventi umanitari.

Certo, Zuccaro ha ammesso di non avere prove: “Non ne abbiamo ancora”. Salvo poi specificare: “Abbiamo delle conoscenze” alludendo, forse, a qualche aggancio nei Servizi segreti.

Oggi Zuccaro ci riprova ma per giungere a nuove accuse contro le ong – quasi sparite, anche per merito suo, dal Mediterraneo – gli investigatori hanno dovuto rimestare tra nel “torbido”. Letteralmente. Come andrà a finire l’indagine sull’Aquarius è ancora da vedere. Certo è che quando la procura guidata da Zuccaro si occupa di immigrazione, non è molto fortunata.

Se lo ricorda bene un giovane siriano: Morad Al Ghazawi, che il 4 dicembre 2015 viene arrestato a Pozzallo dalla Polizia di Ragusa per terrorismo e col sospetto di essere una cellula solitaria dell’Isis entrata in Europa. È il caso del “migrante con il passaporto Isis” o “diploma Isis” o “lasciapassare per jihadisti”, come lo ribattezzano i giornali citando fonti investigative. Chi prende in mano il fascicolo e coordina le indagini? Proprio l'attuale procuratore capo: Carmelo Zuccaro, mentre sta imboccando l’ultima curva per il rush finale che lo conduce, sei mesi dopo, sulla poltrona più prestigiosa dell’ufficio giudiziario etneo. Sul telefono del ragazzo trovano un documento su carta gialla con foto di un’altra persona, un timbro dell’Isis e un testo in arabo che attesterebbe il superamento di un corso di formazione jihadista ( sic). Solo che il testo è stato tradotto in maniera grossolana. È un “attestato di non- miscredenza”, come scoprono Radio Radicale, che per prima solleva il caso, e la redazione di Meridionews, rilasciato dal “governatorato della Svezia a nome di Mamo Al Jaziri”: un cantante siriano di origini curde che vive a Stoccolma da anni. Il docu- mento gira in rete da più di un anno. Sempre con foto diverse ed è una bufala. Le altre “prove” della Procura non sono da meno: il testo che gli trovano su whatsapp “Non c’è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo Profeta” viene letto come un messaggio di affiliazione allo Stato Islamico. Mentre invece è la “shahada”, uno dei primi precetti del Corano – la professione di fede – che vale per tutti i musulmani del mondo. O ancora: il video ritrovato sul telefono di Morad Al Ghazawi dove secondo i magistrati si vede “un arabo proclamare la difesa della Siria imbracciando fucili e spade”. E in effetti si vede. Solo che l'arabo immortalato nel video ha una lunga barba finta, il fucile è finto, la spada pure ed esce dalla stanza sculettando. È satira. Che si aggiunge al fatto che sul passaporto del ventunenne, quello vero, ci sono timbri del 2012 che mostrano come si è rifugiato in Giordania prima di partire alla volta dell’Europa. Nel 2012. Quando Isis nemmeno esiste in Siria. Le evidenze non bloccano la Procura guidata da Zuccaro che nel 2017 chiede quattro anni di carcere. Viene assolto ma intanto Morad si è fatto 16 mesi di prigione.