Negli ultimi anni c’è stata una riduzione delle procedure di affidamento diretto ( tranne città come Trapani) a favore di modalità più trasparenti e competitive, mentre però nel contempo sono aumentati i posti nei Centri di accoglienza straordinaria ( nel 2017 oltre l’ 80% delle presenze è nei Cas) e molto meno quelli nello Sprar, un modello prevede un sistema informativo e di rendicontazione che ne permette il monitoraggio, al contrario di quanto avviene appunto per i Cas e i centri di prima accoglienza. Ma non solo. Sono cresciuti costantemente gli importi messi a bando per la gestione dell’accoglienza in Italia: anche il numero di bandi è cresciuto ma non in maniera proporzionale agli importi. Parliamo del primo rapporto redatto da Openpolis - in collaborazione con ActionAid - basato su dati e informazioni provenienti da fonti ufficiali e che permetta il censimento e il monitoraggio della gestione dei centri. «In questi anni la mancanza di strumenti di analisi del sistema ha permesso che temi come quello del “business dell’accoglienza” potessero svilupparsi nella loro ambiguità gettando un’ombra di sospetto sull’intero settore e screditando il concetto stesso di accoglienza senza distinzioni», si legge nel Report che è uscito dopo l’approvazione al Senato del decreto Sicurezza con cui il sistema viene completamente ribaltato. «Uno dei principali effetti del decreto è la destrutturazione del modello Sprar – scrive Openpolis – Eppure, a sentire coloro che il sistema di accoglienza lo conoscono, si tratta dell’unico modello funzionante nel nostro Paese, un modello che fino a poco fa si cercava di far crescere e che adesso viene smantellato, lasciando come unica alternativa i Centri di accoglienza straordinaria che, per definizione, rispondono a una logica emergenziale. Eppure è proprio nell’emergenza e nell’amministrazione non ordinata che possono più facilmente annidarsi la cattiva gestione e il malaffare». E continua: «Nonostante questi elementi, si decide di ribaltare con una decretazione d’urgenza il sistema di accoglienza senza che si sia proceduto, con una qualche evidenza pubblica, a un’analisi attenta della realtà su cui basare le nuove politiche, senza mettere sul tavolo dati di fatto».

SBARCHI, RICHIESTE DI ASILO E PRESENZE NEI CENTRI

Openpolis spiega che Il termine “emergenza” è stato spesso associato in questi anni al fenomeno migratorio. Il flusso di arrivi via mare ha registrato un aumento a partire dal 2014 ed è rimasto su livelli elevati negli anni successivi fino a raggiungere un massimo di 181mila sbarchi nel 2016. Viene sottolineato che l’inversione di tendenza è iniziata nel luglio del 2017 con un brusco calo degli arrivi che si sta protraendo a tutto il 2018 tanto che a settembre i migranti sbarcati durante l’anno risultano essere poco più di 20mila. La causa di un calo così repentino è da attribuirsi soprattutto agli accordi tra Italia e Libia del 2 febbraio 2017. Il report ci tiene a rilevare che la drastica diminuzione delle partenze e le attività di ricerca e soccorso ( search& rescue) affidate alla cosiddetta guardia costiera libica, che si traducono di fatto nell’aggiramento del principio di non refoulement, «condannano migliaia di persone alla morte in mare e potenziali richiedenti asilo alla permanenza in Libia e a trattamenti inumani e degradanti». La capacità ricettiva del nostro sistema di accoglienza ha quindi avuto bisogno di un paio d’anni per adattarsi al fenomeno. Il report evidenza che il numero di persone accolte è infatti passato da circa 66mila nel 2014 a 176mila nel 2016. Nel 2017 i numeri non si sono discostati di molto dall’anno precedente; i dati provvisori per il 2018 mostrano per ora un calo moderato, nonostante il numero di arrivi si sia considerevolmente ridotto. Il report spiega che la ragione per cui la riduzione degli arrivi non è coincisa con una diminuzione equivalente del numero di persone in accoglienza è da ricercarsi nei lunghi tempi di permanenza nei centri: nel 2017 erano necessari ben 18 mesi alle commissioni territoriali per valutare le richieste di asilo.

IL RICORSO AI CAS

Dall’elaborazione di Openpolis si evince che all’aumento degli arrivi a partire dal 2014 è stata data risposta attraverso la crescita di posti nei Centri di accoglienza straordinari ( Cas) piuttosto che nel sistema ordinario, ovvero il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati ( Sprar) che tra il 2014 e il 2018 è cresciuto di meno di 5mila unità. Basti pensare che nell’anno 2017 risulta che sono dell’ 80,8% le presenze nei Cas rispetto al totale dell’accoglienza. È dunque nei Cas che si concentrano la maggior parte delle persone accolte. Uno dei principali effetti del decreto è la destrutturazione del modello Sprar nonostante si tratti dell’unico modello funzionante nel nostro paese: un’organizzazione centralizzata, procedure standardizzate e una gestione trasparente delle informazioni.

LA SPESA PER L’ACCOGLIENZA E LE PROCEDURE SUGLI APPALTI

La prima parte del lavoro di

Openpolis è stata la creazione di un database contenente i dati sui contratti pubblici in materia di accoglienza presenti nella banca dati dell’Anac. I dati sono stati rifiniti e classificati, distinguendo dagli altri quei contratti che riguardano specificatamente la gestione dei centri di accoglienza. Dall’analisi di questi dati risulta una crescita costante degli importi messi a bando per la gestione dei centri di accoglienza tra il 2012 e il 2017, ma in maniera non proporzionale all’importo: dai dati elaborati emerge infatti a crescere è anche il valore medio dei contratti, in particolare nel 2017. La tendenza è dunque quella di fare meno bandi ma con importi più elevati. Come vengono assegnati i contratti? Le stazioni appaltanti possono decidere a seconda dei casi quale procedura di scelta del contraente utilizzare per stabilire chi si aggiudicherà l’appalto. Alcune procedure sono più trasparenti e permettono una maggiore competizione tra gli operatori per l’aggiudicazione del bando, altre invece prevedono meccanismi semplificati che riducono gli spazi di competitività e trasparenza fino ad annullarli completamente. Dai dati si evidenzia negli anni una progressiva riduzione negli anni nell’utilizzo dell’affidamento diretto ( una procedura poco trasparente e che non permette alcun tipo di competizione) e un contestuale aumento della quota di procedure aperte e di accordi quadro ( due procedure molto trasparenti e concorrenziali).

Una tendenza giudicata da Openpolis senza dubbio positiva, visto che porta a «una riduzione delle zone d’ombra e a un aumento degli importi assegnati con procedure trasparenti e verificabili». La città di Trapani, però, risulta che abbia messo a bando tra il 2012 e il 2018 più di 73 milioni di euro attraverso 337 contratti in affidamento diretto, ovvero il 20% circa di tutti i contratti in affidamento diretto fatti dalle prefetture italiane in materia di accoglienza negli anni considerati.

«Questo dato ci porta a interrogarci sul perché alcune prefetture abbiano fatto un uso così intenso di questa procedura», si chiede Openpolis.