Il linguaggio usato da Di Maio, Grillo e Di Battista nella polemica coi giornalisti, dopo l’assoluzione di Virginia Raggi, è assolutamente intollerabile: su questo credo che ci sia poco da discutere. Ricorda un modo di esprimersi, violento e truce, che era tipico, tanti anni fa, della cultura fascista o di quella stalinista.

Così come fa parte di quelle culture la minaccia di chiudere alcuni grandi gruppi editoriali, cioè di usare il potere ottenuto attraverso libere elezioni per imbottigliare la libertà e in particolare la libertà di stampa, che è essenziale in qualunque forma di democrazia politica.

E tuttavia, sebbene forse a sua insaputa, Di Maio ha posto un problema serissimo e del quale noi ci occupiamo da tempo: la subalternità della stampa nei confronti della magistratura.

È stato così anche in occasione del processo Raggi: è così sempre, ogni volta che un pubblico ministero indaga qualcuno, specialmente se indaga un politico, i giornalisti considerano la sua iniziativa non un’accusa, o un’ipotesi, ma una sentenza.

Ricopio qui di seguito l’inizio dell’articolo pubblicato ieri mattina su uno dei più importanti quotidiani nazionali a proposito di un’operazione giudiziaria condotta a Catanzaro: Il giornalismo subalterno ai Pm Le inattese accuse di Di Maio

«Grazie a politici come l’ex sottosegretario Giuseppe Galati, anche ambulanze e trasporto sanitario a Lamezia Terme sono affare di ‘ ndrangheta. Lo ha scoperto la procura antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri ».

I due nomi in grassetto non li ho messi io, erano così nell’articolo. Il verbo, come vedete, è all’indicativo: «sono affare». Nessun dubitativo, nessun condizionale: è così, chiuso. E infatti la Procura di Catanzaro non avanza, secondo questo articolo, un’accusa, ma ci offre una scoperta. Indiscutibile.

C’è ancora bisogno del processo? Sembrerebbe di no.

Naturalmente sulla stampa troverete poche voci a difesa della presunzione di innocenza dell’ex deputato Galati. Prevista dalla Costituzione ma non dal contratto di lavoro dei giornalisti ( né, temo, dal contratto di governo...). E neppure leggerete di dubbi sulla liceità della pubblicazione dei video delle intercettazioni prima della chiusura delle indagini preliminari ( ieri questi video erano su moltisismi giornali online). Tantomeno troverete qualche domanda sulla stessa liceità delle intercettazioni: quando sono state realizzate? Sembrerebbe nel 2017. Se così fosse, era legittimo intercettare l’on Galati che all’epoca era ancora parlamentare e quindi protetto dall’articolo 68 della Costituzione?

Sull’ultima domanda non ho una risposta, perché non conosco la data delle intercettazioni, però mi sembra probabile che siano precedenti al febbraio 2018. Sulla domanda precedente invece non ho dubbi: la pubblicazione delle intercettazioni, e in particolare dei file video, non è consentita dalla legge ( articolo 114 del codice di procedura penale) ed è comunque in contrasto con varie delibere del Consiglio Superiore della Magistratura. Eppure la cosa non crea nessuno scandalo. Perché?

Beh, perché Di Maio non ha tutti i torti: i giornalisti italiani sono subalterni alla magistratura ( lo sono molto meno alla politica) e questo crea un problema non indifferente: la mancata indipendenza del giornalismo italiano.

Solo che questa dipendenza del giornalismo è stata ampiamente sostenuta in tutti questi anni non soltanto dalla stessa magistratura ( diciamo da molti suoi esponenti) ma anche da ampi settori della politica. E in particolare dai 5 Stelle. I quali fino a qualche mese fa non si erano mai sognati, neppure in cartolina, di criticare un magistrato, e avevano accusato casomai la stampa di essere troppo liberale e poco ossequiosa con i Pm. Non è così? Ricordate forse sollevazioni di Di Battista vari dopo l’assoluzione di Penati, o di Marino, o di Tronchetti Provera, o di Cota, o di Mastella, o addirittura del papà di Renzi? Qualcuno di loro, forse, ha dato dello sciacallo ai giornalisti e ai giornali che avevano dato per scontata la loro colpevolezza o addirittura avevano condotto vere e proprie campagne di stampa, con il risultato, in quasi tutti i casi, dell’annientamento politico dell’imputato innocente?

Naturalmente io tendo a credere nella buona fede. E immagino che nei 5 Stelle ci sia stato in questi mesi - o forse in questi ultimissimi giorni - un ripensamento profondo. Che abbiano capito, cioè, che il giustizialismo, il davighismo, l’amore per la forca sono grandissimi errori politici. E quindi mi aspetto di qui in avanti di trovarli al nostro fianco nella battaglia per riconquistare l’indipendenza del giornalismo e per ottenere la fine del potere assoluto della magistratura sull’informazione.

Solo li pregherei di modificare un po’ il loro linguaggio.

P. S. 1

Naturalmente Di Maio non ha tutti i torti su un’altra anomalia italiana: lo strapotere, nell’editoria, degli editori cosiddetti “impuri”. Ma non si risolve questo problema con leggi autoritarie, si risolve aiutando gli editori puri, le cooperative, i giornalisti indipendenti. Per esempio rafforzando, invece di abolire, il finanziamento dei giornali deboli.