Inserire una modifica, radicale, della prescrizione in un emendamento? Non è questa la strada per riforme in materia di giustizia, secondo Andrea Mascherin. Al termine del lungo colloquio con il ministro Alfonso Bonafede, il presidente del Cnf affida a un comunicato il suo auspicio: il guardasigilli «aaccolga l’idea di istituire un tavolo di lavoro con magistrati e avvocati per approfondire il tema della prescrizione e le tante delicatissime implicazioni, impiegando a tale fine il tempo utile e necessario. Naturalmente», aggiunge Mascherin, «spetta alla politica individuare le modalità tecniche per la costruzione di tale percorso di analisi».

Il dialogo tra il responsabile della Giustizia e il vertice del massimo organo dell’avvocatura dura un’ora e tocca anche altri temi, dal rilievo costituzionale della professione – su cui Bonafede annuncia che «si farà promotore di una iniziativa parlamentare, coinvolgendo gli alleati di governo, per iniziare il percorso» – al patrocinio a spese dello Stato. Ma è la prescrizione il cuore del confronto. E per Mascherin il tema richiede innanzitutto un massiccio «rafforzamento degli strumenti necessari alla giustizia penale». L’estinzione dei reati? «Piuttosto che usarla come leva, bisognerebbe fare in modo che la durata dei processi diventi ragionevole fino a non arrivare mai all’estinzione del reato», dice il presidente del Cnf al guardasigilli. I passaggi necessari sono senz’altro nel «rafforzamento degli organici, così come nelle dotazioni strutturali indispensabili, dalla semplice carta per le fotocopie ai palazzi di giustizia che devono essere sicuri. Solo dopo», è l’analisi svolta da Mascherin a via Arenula, «si interviene sulle norme del processo. Ma innanzitutto si deve evitare che il magistrato prolunghi oltre i termini già previsti, e oggi disattesi, la durata delle indagini. E per evitarlo, serve una sanzione processuale, più che disciplinare: se si sfora, il reato è estinto. Così come per le fasi successive: se il giudizio di primo grado supera un determinato limite di durata, il reato si estingue, e così avviene nelle altre fasi». A quel punto si poterebbe anche discutere di riforma della prescrizione. Ma solo a quel punto, e «solo una volta che con assunzioni e investimenti si sia già statisticamente determinata una durata davvero ragionevole del processo penale».

Andrea Mascherin è il primo interlocutore in una sequenza fitta di colloqui fissata da Bonafede e destinata a completarsi oggi. Dopo l’incontro di ieri con il presidente del Cnf, il guardasigilli vedrà in giornata i vertici dell’Ocf guidati dal coordinatore Giovanni Malinconico, il presidente dell’Unione Camere penali Gian Domenico Caiazza e il numero uno dell’Aiga Alberto Vermiglio. Sempre oggi sarà sentito anche il presidente del’Anm Francesco Minisci. Poi il guardasigilli dovrà tirare le somme e affidare il dossier ai vertici dell’esecutivo, che dovrebbero riunirsi stasera.

Intanto ascolta le sollecitazioni dell’avvocatura. Sarà difficile ignorarle. D’altronde in materia di prescrizione non è possibile considerare il punto di vista della professione forense come una valutazione di parte. Gli avvocati assistono sia indagati e imputati che le parti lese: chiedono che il processo si modelli attorno alla centralità di chi è accusato in quanto giuristi, non per ragioni di bottega. Oltretutto, se i processi diventassero infiniti aumenterebbe anche il lavoro per gli avvocati, che guadagnerebbero di più. Si tratta piuttosto, come ha detto ieri Mascherin, «di non lasciare nelle mani della magistratura anche l’enorme potere di disporre per anni della vita di chi è accusato, visto che in Italia ai magistrati già viene riconosciuto un potere superiore a quanto avviene di fatto in ogni altra democrazia». Non si può «mettere a rischio lo stesso equilibrio tra i poteri». Rispetto all’autonomia, giusta, delle toghe, «serve un equilibratore tecnico interno alla giurisdizione, e cioè l’avvocato». Ma in via preliminare a ogni intervento sulla prescrizione, appunto, «va misurato l’effetto dei necessari stanziamenti», ha aggiunto il presidente del Cnf, «anche dei 500 milioni previsti per le assunzioni nel comparto giustizia. Bisognerebbe rendere più appetibile il ricorso ai riti alternativi, mentre ora il Parlamento interviene in chiave esattamente opposta sull’abbreviato». E andrebbe prima «resa non impugnabile dal pm la sentenza di assoluzione e assicurato un maggiore peso al difensore nella fase delle indagini, che oggi vede maturare il 70 per cento delle prescrizioni a fronte di una limitatissima possibilità di azione per l’avvocato».

Si è parlato anche di altro, nel colloquio a via Arenula. Come spiega una nota del Cnf, Bonafede ha ribadito che «è sua intenzione portare a termine in tempi brevi la riforma del patrocinio a spese dello Stato, tenendo come base il testo proposto dal Cnf». Così come ha condiviso con Mascherin «la necessità di far partire a breve il tavolo sulla riforma dell’accesso alla professione». Il ministro ha anche confermato la sua intenzione di «definire al più presto il tema delle specializzazioni e di aprire un confronto con l’avvocatura sulla riforma del processo civile» . Resta quel perimetro, chiaro, disegnato da Mascherin. Si rifletta a partire da un tavolo di lavoro con i due soggetti della giurisdizione: magistrati e avvocati. Cambiare la prescrizione senza passare per un simile percorso, in effetti, sarebbe irragionevole.