Matteo Salvini è stato prosciolto. La procura di Catania ha stabilito che non è un sequestratore di persone. Bene. Se c’è in giro qualcuno che pensava davvero che Salvini fosse un sequestratore di persone alzi la mano. Non credo che si alzeranno molte mani. Era chiarissimo, sin dal primo momento, che l’iniziativa di un magistrato di Agrigento - quella di indagare il ministro dell’Interno per la vicenda della nave Diciotti, bloccata per giorni nel porto di Catania con 192 profughi a bordo - era essenzialmente una operazione di immagine. Quella che di solito si chiama Giustizia-spettacolo. E cioè una iniziativa abbastanza speculare a quella di Matteo Salvini, che sulla storia della Diciotti ha costruito una brillante operazione di propaganda politica. E’ una buona cosa costruire una operazione di propaganda politica sulla pelle di 192 profughi? No, io penso che sia una pessima cosa. E’ un reato? No, non è un reato. La propaganda politica, anche la pessima propaganda politica - anche la peggiore demagogia - è un problema politico, talvolta come in questo caso - un problema di civiltà: non un delitto. Salvini prosciolto. Bene. Adesso archiviate anche Lucano

La politica comunque ha diritto a fare propaganda. Difficile, si sa, fare politica senza propaganda. Poi sarebbe molto utile se i politici oltre a fare propaganda si misusaressero anche con la necessità di governare un paese. Specialmente se ricoprono ruoli istituzionali importanti. Spesso non lo fanno. Resta il fatto che fare propaganda è un diritto dei politici. Non dei magistrati. Che dovrebbero invece limitare rigorosamente la propria azione ai compiti strettamente giudiziari. Se un magistrato si indigna, magari giustamente, per qualche iniziativa di un politico, è opportuno che l’indignazione la tenga per se. E soprattutto che non la trasformi in iniziativa giudiziaria.

Del resto la Procura di Catania è stata molto chiara nel motivare la richiesta di archiviazione delle indagini su Salvini. Ha scritto testualmente « che le decisioni di Matteo Salvini erano giustificate dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede Europea la distribuzione dei migranti in un caso in cui, secondo la convenzione Sar internazionale sarebbe spettato a Malta indicare il porto sicuro».

È un po’ una frustata per la Procura di Agrigento. Catania spiega ai colleghi che, in Italia - e in qualsiasi stato di diritto - scelte politiche e dissensi dei magistrati non possono essere messi sullo stesso piano. La politica ha diritto alla sua autonomia e i magistrati non hanno il compito né il diritto di giudicare le scelte e le idee della politica.

Dopodiché è legittimo, da parte di tutti, mettere Salvini sul banco degli accusati politici. E scagliarsi quanto si vuole contro il suo modo di gestire i problemi dell’immigrazione, trasformandoli in semplice argomento di campagne politiche fortemente reazionarie. Cosa che, tra l’altro, Salvini è tornato a fare ieri nella diretta facebook nella quale ha annunciato la decisione della Procura di Catania ( e poi ha proseguito, in un divertente quanto discutibile Truman show, spiegando che a lui piacciono i programmi televisivi di pesca, non piace Beppe Severgnini, piace il caffè, la mattina, purché non corretto con la grappa come invece piace a Juncker, non piace troppo la celebrazione della messa in Tv). Salvini, spiegando la decisione della Procura di Catania, ha sostenuto che finalmente la magistratura gli ha dato ragione sulla sua decisione di opporsi all’immigrazione. Naturalmente non è così. Se i magistrati catanesi avessero deciso di dare ragione alle scelte politiche di Salvini, avrebbero commesso esattamente lo stesso errore dei loro colleghi agrigentini che avevano dato torto a Salvini. I catanesi si sono invece limitati a dire che la magistratura non deve intervenire in politica. Né a favore del governo, né dell’opposizione.

E infatti, dopo aver letto la richiesta di proscioglimento, e anche dopo aver ascoltato l’ulteriore commento di Salvini (“ Quanto si è speso per questa indagine? Quante persone sono state impegnate? ”) viene spontanea un’altra domanda: e quanti soldi si sono spesi per l’inchiesta contro il sindaco di Riace Mimmo Lucano, e quante persone sono state impegnate nelle indagini ( che, a differenza di quelle su Salvini, si sono svolte anche facendo largo uso di intercettazioni telefoniche, sebbene il reato contestato, alla fine, fosse solo quello di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina)?

La speranza è che ora anche la magistratura calabrese si mostri saggia come quella siciliana. E archivi alla svelta il processo a Lucano, che chiunque capisce, anche se lo guarda distrattamente, che è un processo strettamente politico, di segno uguale e contrario a quello contro Salvini. In tutta la vicenda dell’immigrazione, che è in modo chiarissimo una vicenda assolutamente politica, la magistratura sta assumendo un ruolo sempre più invadente. Dalle prime indagini - senza prove, senza indizi - della Procura di Catania ( la stessa che oggi bacchetta Agrigento...) contro le Ong che assicuravano i soccorsi nel Mediterraneo, alla storia della Diciotti a quella di Riace. Nel concreto, le iniziative della politica hanno avuto poche conseguenze ( se escludiamo le iniziative silenziose dell’ex ministro Minniti che ha in parte bloccato le partenze dall’Africa), mentre le iniziative della magistratura hanno avuto conseguenze molto vistose. La principale è stata la scomparsa dal Mediterraneo delle navi dei soccorsi, che a sua volta ha prodotto un forte aumento dei morti in proporzione alle partenze.

La speranza è che la decisione della procura di Catania crei un precedente. E i Pm, vista la figuraccia del dottor Patronaggio ( quello che ha indagato Salvini), si facciano da parte