«Premesso che non è possibile attendere decenni per avere una sentenza, la proposta del ministro della Giustizia di voler interrompere il decorso della prescrizione dopo il primo grado di giudizio mi vede favorevole», dichiara il procuratore aggiunto di Roma e segretario generale di Magistratura indipendente Antonello Racanelli.

La riforma - un emendamento al ddl “spazzacorrotti” in discussione alla Commissione giustizia di Montecitorio voluta da Alfonso Bonafede sta suscitando in queste ore innumerevoli polemiche. Le opposizioni, Forza Italia e Partito democratico, prevedono effetti devastanti per il sistema giudiziario in caso la norma dovesse essere approvata. E anche la Lega ha già manifestato “perplessità”.

Procuratore, lei è da sempre favorevole allo “stop” della prescrizione. Non teme il rischio del “fine processo mai”?

Io non sono per il processo “infinito”. Ricordo che viviamo in un Paese dove i tempi della giustizia sono totalmente irragionevoli. I processi devono essere celebrati rapidamente. Detto questo, bisogna evitare che la prescrizione vanifichi il lavoro svolto.

Ma con la riforma Bonafede i processi che già sono lenti non diventeranno lentissimi? Qualche magistrato potrebbe cominciare a pensare: ' Va bene, c’è tempo prima che si prescriva'. Condivide?

Non c’è nessun giudice che voglia tenere fermo un processo. Mi rifiuto di pensare che qualcuno voglia farli durare trent’anni.

Una volta che si interrompe la prescrizione, però, non c’è più la corsa a fare il processo ed il rischio che i processi si trascinino anni è concreto.

Questa è la patologia del sistema. Noi dobbiamo parlare del normale andamento del processo. Di fronte a rallentamenti anomali da parte di qualche magistrato si deve intervenire disciplinarmente.

Ma è sufficiente bloccare la prescrizione per risolvere i problemi del processo penale in Italia?

No. A questa riforma si devono accompagnare in paralle- lo interventi sulle strutture del sistema giustizia. Penso al personale amministrativo e alle dotazioni tecnologiche.

In quanto tempo dovrebbe concludersi un processo?

Due o tre anni. Bisogna comprendere sia le ragioni dell’imputato ad avere una sentenza in tempi rapidi e sia quelle delle vittime del reato ad avere un adeguato ristoro.

Il presidente della Commissione giustizia di Palazzo Madama, il senatore leghista Andrea Ostellari, dice che la prescrizione si può evitare se gli uffici funzionano bene.

Certo. Con maggiore personale amministrativo, ripeto, si potrebbe ad esempio iniziare a fare udienze tutto il giorno. Mattina e pomeriggio. Spero che anche l’avvocatura sia aperta ad un dialogo in questa direzione.

I processi si prescrivono nella fase delle indagini preliminari. Le tabelle del Ministero della giustizia parlano di un 70 per cento.

E’ un dato che va valutato con attenzione. Solo formalmente è così. La Procura di Roma dove lavoro ha attualmente 40.000 processi in attesa dell’udienza. Ne abbiamo chiesto la fissazione al presidente del Tribunale che però non ci ha ancora trasmesso le date in quanto il ruolo è saturo. Si può attendere anche due anni prima che questa fissazione avvenga. A quel punto il reato si è però prescritto ed al Tribunale non resta che mandare indietro il fascicolo con il risultato statistico che la prescrizione è avvenuta durante le indagini preliminari.

L’incidenza della prescrizione tra i diversi uffici giudiziari varia da distretto a distretto, ed è in più delle volte indipendente dalle scoperture degli organici o dalle condizioni socio economiche dei territori interessati. Concorda?

Sì. Anche l’organizzazione individuata dai singoli capi ufficio incide. Ci sono poi best practice al riguardo da diffondere sul territorio nazionale. Il Csm ha sempre fatto sul punto un grande lavoro.

Una depenalizzazione aiuterebbe?

Sì. Abbiamo troppi reati.