Salvaguardata, ancora una volta, la prescrizione e il diritto alla determinatezza del nostro ordinamento giudiziario grazie a una sentenza della Cassazione ( n. 4709/ 18 depositata il 18 ottobre). Sono ancora gli effetti della sentenza della Corte europea dei diritti umani “Taricco” e l’altra “Taricco bis” che riaffermò il “primato del diritto dell’Unione” quale dato acquisito nella giurisprudenza costituzionale, ai sensi dell’art. 11 della Costituzione, condizionato all’osservanza dei “principi supremi dell’ordine costituzionale italiano e dei diritti inalienabili della persona”. Il problema si è riproposto quando il Tribunale di Belluno, nel 2016, aveva dichiarato di non doversi procedere nei confronti di due imputati per evasione fiscale in quanto i reati dovevano considerati estinti per prescrizione. Il procuratore presso la Corte di appello di Venezia, però, ha impugnato il provvedimento in Cassazione ritenendo che fosse stato disatteso il principio affermato dalla Corte di giustizia Ue ( causa dell’ 8 settembre 2015) che porterebbe alla disapplicazione degli articoli 160 e 161 codice penale sulla prescrizione delle frodi gravi in materia di Iva. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso sulla scorta della successiva sentenza “Taricco bis”, intervenuta in seguito alla questione pregiudiziale sollevata dalla Corte Costituzionale che aveva rilevato un’ipotesi di incompatibilità, perché riteneva che la decisione (“Taricco”) fosse non conforme ai principi di determinatezza delle norme di diritto penale sostanziale, oltre che a quello di impedire l’arbitrio applicativo del giudice. Per questo la Consulta chiedeva ai giudici europei un’interpretazione “correttiva”. E così fu: infatti con la sentenza “Taricco bis”, la Cedu cercò una mediazione tra i principi della sua precedente decisione e le esigenze di tutela dei principi costituzionali interni. Anche la Cassazione quindi con questa pronuncia di rigetto sembra accogliere e fare proprio quello che la Cedu aveva statuito nel tentativo di andare incontro alle esigenze di costituzionalità del diritto nazionale in tema di principio di legalità. “I giudici nazionali competenti, quando devono decidere, nei procedimenti pendenti, di disapplicare le disposizioni del codice penale in questione, sono tenuti ad assicurarsi che i diritti fondamentali delle persone accusate di avere commesso un reato siano rispettati”, questo scrisse la Cedu per non dimenticare il principio di legalità in termini di determinatezza del diritto e l’irretroattività della legge penale. È la stessa Consulta che prende atto di questo tentativo di mediazione e, con sentenza ( 115/ 2018), a seguito della “Taricco bis” si pronuncia confermando che è demandato alle autorità giudiziarie nazionali “il compito di saggiare la compatibilità della “regola Taricco” con il principio di determinatezza in materia penale”; in più la Consulta aggiunge che, in tale evenienza, per giungere a disappliessere care la normativa nazionale in tema di prescrizione, è necessario che il giudice nazionale “effettui uno scrutinio favorevole quanto alla compatibilità della “regola Taricco” con il principio di determinatezza, che è sia principio supremo dell’ordine costituzionale italiano, sia cardine del diritto dell’Unione, in base all’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.

Il procuratore generale aveva richiamato la “Taricco” e la successiva sentenza della Corte di Cassazione del 17.9.2015, ma la Corte di Cassazione non accogliendo le sue argomentazioni, ha ritenuto di obiettare i principi “correttivi” inseriti nella cd “Taricco bis”, riconoscendo al giudice nazionale di aver salvaguardato le norme interne rispetto alle statuizioni della “Taricco” che era in contrasto con la determinatezza del diritto applicabile interno.