Non avrebbe dovuto stare in carcere, Alice Sebesta, la 33enne di origini tedesche che martedì, a Rebibbia, ha scaraventato violentemente i figli giù per le scale del nido del carcere, uccidendo sul colpo la più piccola, Faith, di 4 mesi, e ferendo in modo gravissimo Divine, di 19 mesi, per il quale è stata decretata la morte cerebrale. La madre, attualmente sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio e piantonata nel reparto di psichiatria dell’ospedale Pertini, non ha potuto dare l’ok all’intervento per l’espianto degli organi. La donna, dicono oggi le cronache, «era stata più volte segnalata per alcuni comportamenti, sintomatici di una preoccupante intolleranza nei confronti dei due piccoli», tanto che il personale del carcere aveva segnalato «la necessità di accertamenti anche di tipo psichiatrico», secondo quanto contenuto in un documento firmato dal capo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, visionato dall’Ansa. Infor-mazioni che al suo legale, Andrea Palmiero, non sono state, però, mai comunicate. «L’istanza per farle avere i domiciliari spiega al Dubbio l’avvocato, che ieri ha parlato di nuovo con la donna in ospedale - è stata rigettata dal giudice per le indagini preliminari come fosse acqua fresca. Se il ministro della Giustizia vuole capire davvero come sono andate le cose allora lo invito a leggere questi documenti».

Avvocato, cosa sapeva dello stato di salute di Alice prima che avvenisse la tragedia? No, in questi 20 giorni nessuno mi ha mai segnalato nulla. Non mi sono stati comunicati episodi che lasciassero anche solo immaginare un epilogo del genere e non ho mai letto la nota del Dap di cui si parla in queste ore. Se queste informazioni do- vessero rivelarsi vere, la cosa sarebbe davvero molto grave: avrei dovuto certamente essere informato di certe circostanze. Invece non ho mai saputo nulla.

Lei aveva presentato istanza affinché la donna andasse ai domiciliari. Come sono andate le cose? La mia richiesta è stata rigettata per ben due volte. Nel primo caso si poneva un problema effettivo: la donna, che non si trovava nel proprio paese, non aveva una casa in cui poter eleggere domicilio, così la prima volta la mia istanza è stata respinta. Mi sono impegnato per trovare una casa in cui potesse passare questo periodo di custodia cautelare ai domiciliari e alla fine ci sono riuscito. Così ho presentato per la seconda volta istanza, ad un nuovo giudice, in quanto nel frattempo era cambiato. Ma, inspiegabilmente, è stata rigettata una seconda volta, senza alcuna giustificazione a mio avviso plausibile: secondo il gip, la difesa non aveva portato alcun elemento nuovo. In realtà, però, l’elemento nuovo c’era: la casa, appunto. Non so davvero spiegarmelo.

Parliamo di com’è finita in carcere il 26 agosto scorso, quando è stata arrestata in flagranza. È possibile che per spaccio di marijuana, con due figli piccolissimi dietro, si trovasse lì? Sicuramente non possiamo parlare di un reato minore, per via dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente che aveva con sé ( 10 chili nascosti in macchina tra i pannolini dei bambini, ndr). Ma comunque parliamo di marijuana, in un periodo storico in cui si sta andando verso la liberalizzazione... Non si tratta certo di droghe pesanti, di cocaina o eroina. Ritengo che non potesse stare in carcere. Io il domicilio alternativo l’avevo proposto, ma non è comunque servito. Ma al di là di questo, nel caso in cui si fosse arrivati ad una condanna definitiva, per questo reato la scarcerazione sarebbe stata obbligatoria. In ogni caso, dunque, non avrebbe dovuto trovarsi lì.

Aveva già commesso altri reati? No, questo era il suo primo arresto. Non stiamo parlando, quindi, di una persona recidiva, ma di una persona che affrontava questa esperienza per la prima volta, in un paese straniero, che non le apparteneva, per giunta. L’ho vista molto spaesata, com’è comprensibile. Ma nulla poteva farmi pensare che le cose sarebbero andate a finire in questo modo.

E dopo la tragedia come l’ha vista? L’ho vista insofferente, depressa. Oggi ( ieri per chi legge, ndr) sono andata a trovarla in ospedale, ma di quanto ci siamo detti preferisco non dire nulla, perché domani ( oggi, ndr) ci sarà l’udienza di convalida e riferirò tutto al giudice. Di sicuro, prima che si verificassero questi eventi non mi era stato fatto presente nulla circa il suo stato di salute.

Durante i vostri colloqui non era emerso nessun elemento che potesse anche solo lasciare immaginare, dunque? Lei non mi ha mai detto nulla. Ero io a vederla sempre un po’ sofferente, ma in un colloquio di dieci minuti sono poche le cose di cui si può parlare. Avevo notato che si presentava sempre un po’ più trascurata, ma da qui a pensare che potesse accadere una cosa del genere…

Il ministro della giustizia ha sospeso i vertici del carcere… Non so chi abbia responsabilità, non tocca a me dirlo. So soltanto che questi bambini li abbiamo pianti soltanto noi. Chi lavora in carcere vive gomito a gomito con queste persone, con i detenuti, e non credo che le responsabilità si debbano cercare lì o che non avessero a cuore queste persone. Invito, piuttosto, il ministro ad andare a visionare il fascicolo con il rigetto dell’istanza di carcerazione domiciliare. Vada a vedere lì se c’è qualcosa che non quadra.