Archiviato. A distanza di quasi due anni, il Csm punta ad archiviare il procedimento a carico del presidente del Tribunale di Bologna, Francesco Caruso. Oggetto delle attenzioni di Palazzo dei Marescialli era stato “l’endorsement” per il “No” al referendum costituzionale del 4 dicembre del 2016 da parte del magistrato emiliano.

I tempi delle decisioni del Csm non coincidono quasi mai con i tempi della politica. Le procedure sono lente, complesse, con ritualità di difficile comprensione per i non addetti ai lavori. Anzi, la lentezza è forse superiore anche a quella dei procedimenti giurisdizionali. E questo è uno di quei casi. Anche se sono trascorsi infatti poco meno di due anni, per il calendario della politica quel periodo equivale ad un’era geologica. I fatti risalgono al 29 novembre 2016, quando sulla tolda di comando di Palazzo Chigi sedeva Matteo Renzi e alla Camera il Pd aveva 292 parlamentari ( la Lega solo 18).

Quel giorno la Gazzetta di Reggio decide di pubblicare in un articolo il lungo appello di Caruso per il “No”: «I sinceri democratici» a favore del “Si”, per quanto in buona fede, sarebbero stati «inesorabilmente dalla parte sbagliata, come coloro che nel ’ 43 scelsero male, pur in buona fede» ; (…) «questa riforma è fondata sui valori del “clientelismo scientifico ed organizzato”, del voto di scambio, della corruzione e del trasformismo con un governo che lega le provvidenze a questo o a quello al voto referendario …».

L’articolo riprende quanto scritto da Caruso sulla propria pagina Facebook. A riprenderne il post, il direttore della Gazzetta di Reggio, uno dei 200 “amici social” di Caruso.

La notizia, com’era prevedibile, solleva immediate e accese polemiche a livello nazionale. Era la prima volta che un magistrato paragonava chi vota “Si” al referendum a coloro che aderirono alla Repubblica di Salò. Venne aperto un procedimento per incompatibilità ambientale nei confronti di Caruso. Di questi giorni la decisione di archiviare. Caruso si era difeso dicendo che si trattava di “una conversazione fra amici”. Il direttore della Gazzetta di Reggio aveva avuto un “comportamento scorretto che viola i principi deontologici anche della professione giornalistica … solo per vendere qualche giornale in più.. ”.

Sul paragone alla Repubblica di Salò, si trattava solo di «un’analogia storica». E sui toni aspri la precisazione che «su questo referendum ci giocavamo molta parte della democrazia, ed esigeva interventi di qualunque tipo».

Caruso è un esponente di punta di Magistratura democratica, la corrente dell’Anm che fece apertamente campagna a favore del “No”. Le giustificazioni di Caruso a proposito dei contenuti del suo post hanno dunque convinto il Csm, anche se «sono dichiarazioni fuori misura e prive di equilibrio. Negano la legittimità delle riforma e denigrano sul piano democratico i suoi sostenitori, paragonandoli agli italiani che si schierano con i nazifascisti». E sugli «amici» social, era «ampiamente prevedibile che qualcuno, sia pure in maniera non corretta sul piano umano lo divulgasse all’esterno».

Il fatto che il post abbia riguardato «un evento nazionale e non locale» non ha creato poi situazione di incompatibilità nell’ufficio diretto da Caruso. Il referendum è stato infatti un evento unico ed irripetibile. La campagna del 2016, infine, «fu piuttosto accesa, fatto che spiega ( ma non giustifica) sul piano emotivo la caduta di stile di Caruso».