Non solo Fiorella Mannoia, Ivano Marescotti e Michele Riondino. Dopo i volti dello spettacolo tocca ai militanti, agli eletti, abbandonare il Movimento 5 Stelle. L’ultimo, in ordine cronologico, si chiama Massimo Battista, è un operaio dell’Ilva e fino 24 ore fa rappresentava il partito di Di Maio nel consiglio comunale di Taranto. Storico militante del “Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti”, Battista non ha gradito l’accordo tra sindacati e ArcelorMittal raggiunto grazie anche alla supervisione del ministro dello Sviluppo economico - sul futuro dell’acciaio tarantino. «È una decisione che prendo nel rispetto di più di mille cittadini che mi hanno votato ma anche di tutto il resto della città», dice l’ex consigliere. «Ho sperato anch’io che fosse finalmente arrivato il momento di iniziare a realizzare una Taranto libera dalla fonti inquinanti, fondata su quelle economie alternative che da decenni vengono sacrificate», spiega l’ormai ex esponente grillino, fino a pochi giorni fa convinto che un governo amico avrebbe aiutato la città a centrare un obiettivo inseguito da decenni. Invece nulla, a tradire le «speranze» è stato proprio l’esecutivo guidato da Conte. L’alleanza con la Lega, un partito «xenofobo e razzista», segna lo spartiacque decisivo tra un «tra un Movimento spontaneo, cresciuto dal basso, e un partito conservatore che soffia sulle paure della gente». Eppure, prima di rompere col M5S Battista ha aspettato mesi, evitando strappi di natura “ideologica”. «Ho voluto vedere cosa ci fosse per Taranto nel mazzo di carte del Cinque Stelle, nelle mani di Di Maio. Ho sperato di poter incidere per indi- rizzare le scelte verso un cambiamento vero, tangibile, lungimirante», dice. «Né più né meno di quello che avevamo promesso in campagna elettorale, alle amministrative prima e alle politiche poi». Ma le promesse son rimaste tali e a nulla è valso lo sforzo di riportare sul contratto di governo buona parte del programma pentastellato sull’Ilva. «Alla prova dei fatti hanno dimostrato di non voler mettere in discussione l’attuale economia della città procedendo in continuità con il precedente esecutivo», si sfoga adesso Battista. Del resto quella tarantina non è l’unica vicenda che rischia di mandare in fumo gli slogan elettorali del Movimento: dalle grandi opere ai vaccini, passando per i 780 euro “assicurati” ai disoccupati. Il ministro dell’Eocnomia, Giovanni Tria, si è già detto favorevole alla realizzazione di «Tav e Tap», due opere considerate il male assoluto dai militanti grillini. E persino il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia della propaganda pentastellata, rischia di trasformarsi in qualcosa di completamente diverso rispetto alle aspettative degli elettori: una sorta di Reddito d’inclusione ( quello già introdotto dal precedente governo) destinato a una platea più ampia. Se così fosse, per i grillini sarebbe una disfatta. E a poco servirebbero le sporadiche apparizioni di Alessandro Di Battista dal Sud America per ricordare ai cittadini che esiste ancora il Movimento duro e puro, implacabile con qualunque “furbetto”, anche se si trattasse di attaccare l’alleato di governo.

Ma Di Maio non ha alcuna intenzione di essere confuso con un “politico di professione” e su Facbook elenca i traguardi già raggiunti e quelli imminenti: «Oggi siamo al governo e abbiamo già eliminato i vitalizi, abbiamo approvato la legge Spazza Corrotti in Consiglio dei ministri, stiamo inserendo il Reddito di Cittadinanza nella legge di Bilancio ( vi rendete conto dell’enormità della cosa?) e a breve in Parlamento si discuterà la nostra proposta di legge sull’acqua pubblica, che è il primo punto del contratto di governo», scrive il capo politico, annunciando anche le date e il luogo della quinta edizione di “Italia 5 Stelle”, la convetion grillina inventata da Casaleggio: il 20 e 21 ottobre a Roma, al Circo Massimo, proprio come nel 2014. «Allora il nostro sogno era andare al governo per eliminare i vitalizi, per eliminare la corruzione, per dare il Reddito di Cittadinanza e non lasciare indietro nessuno, per restituire l’acqua pubblica ai cittadini. Vi ricordate? Oggi questo sogno si sta realizzando. Forse non ci siamo ancora fermati un attimo a pensarci», garantisce il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Da allora ne è passata parecchia di acqua sotto i ponti. L’unico elemento rimasto immutato è «l’odio dei media nei nostri confronti», dice Di Maio, prima di avvisare gli editori: «Anche per loro sta arrivando il momento di dire addio ai finanziamenti pubblici indiretti e alle inserzioni milionarie delle aziende partecipate dello Stato che dettano loro la linea editoriale».

Alla festa di Roma, per festeggiare i primi mesi del governo del cambiamento, ci saranno tutti, assicura il vice premier. «Ci saranno i portavoce a tutti i livelli, i ministri, ci sarò io, ci saranno Beppe e Davide, interverrà anche il Presidente Conte, l’avvocato difensore del popolo italiano». Ma per convincere altri potenziali Battista a rimanere nel Movimento servirà molto di più che il semplice entusiasmo.