Altri reati a carico di Matteo Salvini relativamente alla vicenda della nave Diciotti. La notizia, anticipata ieri dal quotidiano La Repubblica, è stata poi confermata dal diretto interessato nel corso della mattinata di ieri durante un incontro pubblico a Venezia. Dopo il sequestro di persona, l’arresto illegale, l’abuso d’ufficio, è ora il turno del sequestro di persona a scopo di coazione e dell’omissione di atti di ufficio.

Il continuo proliferare di reati, comunicati tramite stampa al ministro dell’Interno, insieme alle modalità di conduzione dell’indagine, con il sopralluogo sulla nave da parte del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio in diretta televisiva, stanno facendo in queste ore molto discutere. Autorevoli toghe, come l’ex procuratore di Venezia Carlo Nordio o il giudice di Cassazione Alfredo Mantovano, hanno preso pubblicamente posizione manifestando la loro “perplessità”. Per i due magistrati, i pm con questa indagine corrono il rischio di “sostituirsi” ai politici. Patronaggio è stato invece difeso dalle correnti progressiste della magistratura associata e dall’Anm per bocca dell’attuale presidente, il pm Francesco Minisci. Anche Autonomia& Indipendenza, la corrente fondata da Piercamillo Davigo, ha diramato un duro comunicato per stigmatizzare le “ingerenze della politica” nell’azione del pm agrigentino. Ma se dopo il clamore mediatico - la notizia dell’indagine a carico di Salvini è stata ripresa dai principali network internazionali finisse tutto in un nulla di fatto?

Per Giusi Bartolozzi, giudice penale fuori ruolo presso la Corte d’Appello di Roma e attuale deputata di Forza Italia, la vicenda Diciotti offre lo spunto per una seria riflessione sulla necessità di procedere quanto prima alla separazione delle carriere dei magistrati e alla creazione di due distinti Csm.

«Senza commentare i reati che Patronaggio - dichiara la parlamentare azzurra a Il Dubbio - contesta a Salvini, l’iscrizione in se rimane legittima. Il problema è se l’indagine non avesse alcuno sbocco concreto e portasse ad una archiviazione: il pm sarebbe chiamato a risponderne?».

«L’Italia - ricorda Bartolozzi è l’unico Paese in cui esiste un “potere” senza responsabilità. Il pm è a capo della polizia giudiziaria e dirige le indagini con una discrezionalità che può anche sconfinare nell’arbitrio».

La memoria corre alle innumerevoli volte in cui la comunicazione di un’informazione di garanzia ha condi- zionato la vita politica di un parlamentare, di un governo e talvolta di una intera legislatura. Tale “potere”, secondo la parlamentare di Forza Italia, «dovrebbe essere bilanciato da una equivalente responsabilità». E a tal riguardo il modello di riferimento potrebbe essere quello americano dove il pm è controllato dalla volontà popolare, in quanto il District Attorney è eletto dai cittadini. «Invece nel nostro sistema il pm gode delle stesse garanzie di indipendenza e autonomia del giudice», precisa Bartolozzi, secondo cui «il pm può imbastire processi lunghi, costosi o anche basati su meri teoremi accusatori senza alcuna conseguenza negativa se vengono poi smentiti dal dibattimento. Ciò in considerazione dell’ombrello protettivo dell’obbligatorietà dell’azione penale».

La responsabilità civile del magistrato non è un deterrente. «Nel passato, condizionati dallo slogan del “chi sbaglia paga”, invece di incidere sulle cause degli errori giudiziari, come appunto il potere illimitato dei pubblici ministeri, si è preferito agire sull’effetto intimidatorio delle sanzioni, privilegiando peraltro quelle pecuniarie. Scelta inutile, perché ci penserà l’assicurazione, ed irragionevole perché la toga inetta o ignorante non va multata, ma va destituita, come ha detto Nordio», sottolinea la deputata forzista.

«Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha però già dichiarato che la separazione delle carriere non è una priorità, dimostrando ancora una volta di non comprendere la complessità del problema», conclude Giusi Bartolozzi.