Il Governo è lanciato in rotta di collisione contro un iceberg. Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e leader dei Labour Dem, minimizza la discussione sugli 80 euro e prevede una legge di Bilancio con riforme all’acqua di rose, ma indica il campo minato su cui cammina il Governo gialloverde: «Le bombe si chiamano Ilva, Tav e Tap».

Il Governo potrebbe mettere in discussione gli 80 euro, una delle bandiere del renzismo. Lei ha condiviso quella misura, pur sul fronte della minoranza non renziana?

Luigi Di Maio ha parlato di fake news, quindi non alimenterei una polemica sul nulla. Nel merito, io sono sempre stato favorevole agli 80 euro, che è una risorsa netta mensile che vale più di un rinnovo di contratto di lavoro che, al lavoratore, fa incassare 80 euro lordi distribuiti in tre anni. La misura voluta dal Pd è stata vantaggiosa per il ceto mediobasso del lavoro e io la difendo anche perchè non è stata uno spot, ma una misura strutturale, che ha dato forza al potere di acquisto alle retribuzioni. Mi pare saggio che il Governo abbia smentito la sua messa in discussione.

L’eliminazione, però, serviva a fare cassa visto che le risorse per la legge di Bilancio scarseggiano.

È evidente che il punto sia il recupero di coperture finanziarie per realizzare gli obiettivi del contratto gialloverde. Tutti sanno che sommare i costi di flat tax, reddito di cittadinanza. Superamento della legge Fornero e congelamento dell’aumento dell’Iva, vuol dire parlare di decine di miliardi di euro ogni anno. Quindi la domanda è: dove sta l’imbroglio? O meglio, dove troveranno le risorse per queste riforme?

Lei sa rispondere?

Credo che il Governo ridimensionerà le riforme stesse, indebolendole rispetto alle promesse iniziali. Il reddito di cittadinanza sarà il già esistente reddito di inclusione, riverniciato e allargato un poco. La flat tax, invece, riguarderà non le famiglie ma i liberi professionisti e le partite iva che non superano il tetto di 100 mila euro l’anno. Quanto alla Fornero: se la Quota 100 avrà come condizione il minimo di 64 anni di età, la platea sarà molto ridotta e anzi, si renderà fondamentale prorogare l’Ape sociale, altrimenti le magnifiche riforme del nuovo Governo peggioreranno la situazione per le 15 categorie che svolgono lavori pesanti e che oggi possono andare in pensione a 63 anni con 36 di contributi, cioè con Quota 99.

Come dire che anche loro si scontreranno con la realtà?

Siamo stati criticati, anche giustamente, per la moderazione delle misure fatte nella scorsa legislatura, come le 8 salvaguardie e l’Ape sociale. Ora, però, tutti si renderanno conto che anche il nuovo Governo dovrà mettere molti paletti, a causa della ristrettezza delle risorse.

Alla finestra rimane l’Europa che chiede il pareggio dei conti, ma almeno Salvini sembra pronto a sforare per finanziare il “Governo del cambiamento”.

Il Governo ha al suo interno almeno due anime: da una parte il guardiano dei conti, il ministro Tria; dall’altra i due vicepremier, più propensi alla logica del “tassa e spendi”. In sostanza, la legge di Bilancio sarà la prova del nove per capire se l’Esecutivo durerà o meno.

E durerà, secondo lei?

Se valuto quello che fin qui è successo, credo che leghisti e cinque stelle alzeranno i toni, ma alla fine riusciranno, pur in modo rocambolesco, a trovare il punto di equilibrio. Non credo che, almeno per il momento, i partiti di Governo trovino conveniente far saltare il banco. Approveranno la legge di bilancio tra mille difficoltà, ma sul loro cammino ci sono i nodi insoluti dell’intesa: Tav, Tap e Ilva sono bombe atomiche e la tattica del rimando che piace tanto a Di Maio non potrà durare a lungo.