È bastata un’intervista che teorizza la futura inutilità del Parlamento per mandare in fibrillazione il mondo politico in clima preagostano. A ipotizzare la radicale riforma dell’ordinamento statale italiano - intervistato da La Verità - è Davide Casaleggio, che di mestiere non fa il politico e nemmeno il leader di partito: sulla carta è “solo” il presidente della società fondata dal padre Gianroberto, la Casaleggio Associati, e dell’associazione Rousseau, che si occupa della piattaforma multimediale sulla quale si svolgono le consultazioni online del Movimento 5 Stelle. Nei fatti, però, è considerato l’eminenza grigia e la testa del Movimento, quando Beppe Grillo ne è il megafono. La sua presenza silenziosa si è materializzata spesso a Roma, durante le delicate assemblee per sgranare le nomine nei posti chiave dell’amministrazione, e da lui passano tutte le scelte cruciali per quello che è ormai il primo partito di governo. Casaleggio, alla cui piattaforma versano 300 euro al mese i 333 parlamentari grillini, ha dichiarato che «oggi, grazie alla Rete e alle tecnologie, esistono strumenti di partecipazione decisamente più democratici ed efficaci in termini di rappresentatività popolare di qualunque modello di governo novecentesco. Il superamento della democrazia rappresentativa è inevitabile». Insomma, il sistema politico su cui si basano le democrazie occidentali è ormai al tramonto grazie a internet e la sua istituzione centrale, il Parlamento, ha i giorni contati. In una ipotetica riforma dello Stato, infatti, «il Parlamento ci sarebbe e ci sarebbe con il suo primitivo e più alto compito: garantire che il volere dei cittadini venga tradotto in atti concreti e coerenti. Tra qualche lustro è possibile che non sarà più necessario nemmeno in questa forma». La prospettiva è quella teorizzata da Jean- Jacques Rousseau, lo stesso filosofo dal quale prende il nome la sua piattaforma: «Un democrazia partecipativa, che è già una realtà grazie a Rousseau che per il momento è adottato dal M5s ma potrebbe essere adottato in molti altri ambiti». Dunque, immagina Casaleggio, l’Italia del 2050 sarà senza un Parlamento e indirizzata nelle sue scelte da una piattaforma sul modello di Rousseau, attraverso la quale raccogliere la volontà popolare in un meccanismo di democrazia diretta.

Un disegno che, per forza di cose, non ha per nulla affasciato le opposizioni. Il presidente del Pd, Matteo Orfini, lo ha definito «autoritarismo» a 5 Stelle, più colorito, invece, il portavoce dei gruppi di Forza Italia, Giorgio Mulè: «Dopo le scie chimiche, giunge oggi l’ultima minchiata galattica dei 5Stelle niente poco di meno che da Davide Casaleggio: la scomparsa del Parlamento. Fa caldo, tutto qui...». Il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato, ha definito quella di Casaleggio «un’affermazione coerente con la teoria di chi considera la democrazia rappresentativa come un problema da superare, di chi guarda alla Russia di Putin o al Venezuela di Chavez come modelli». Sulla stessa linea, anche l’ex presidente del Senato di Fi, Renato Schifani, che ha definito «aberrante» la ricostruzione: «È la conferma di un diffuso antiparlamentarismo da cui è nato il M5S e che continua a diffondere anche adesso che è al governo del Paese». L’intervista ha lasciato silenti anche gli esponenti del Movimento ( il più chiamato in causa dagli avversari è stato il presidente della Camera, Roberto Fico). L’unico a provare a correggere il tiro è stato il ministro che, nelle sue stesse deleghe, incarna il disegno di Casaleggio, Riccardo Fraccaro, ministro per i rapporti col Parlamento e la Democrazia diretta: «La riflessione di Casaleggio riguarda una sfida che abbiamo di fronte: valorizzare il Parlamento nell’ottica di una funzionalità rinnovata. Vogliamo integrare la rappresentanza con la democrazia diretta per restituire le istituzioni ai cittadini. È questo l’obiettivo del M5S». Non esattamente quello che ha detto Casaleggio, ma una lettura autentica che si sposa leggermente di più con le prospettive di un partito di governo.