C’è un solo Pm, in Italia, che può fare o dire quel che vuole senza che nessuno gliene chieda conto. Si chiama Nicola Gratteri. Naturalmente questa abilità ad avere giornali e tv sempre dalla par te sua non può essere considerata una colpa. Anzi è una dote.

Uno come Woodcock, per esempio, questa dote non ce l’ha. Appena fa un passo falso ( per la verità gli succede con una certa frequenza...) Woodcock si trova addosso tutti i giornalisti e talvolta anche i suoi colleghi. Ne esce sempre con le ossa rotte. Gratteri invece vien fuori sempre illeso.

Persino della sua ultima inchiesta nel crotonese, che lui stesso definì la più grande impresa giudiziaria del secolo - suscitando ironie tra gli addetti ai lavori ma non nella pubblica opinione né sui mass media che poi si è sgretolata tra scarcerazioni e proscioglimenti, nessuno gli ha chiesto spiegazioni. Eppure, quando scattarono gli arresti, tutti i giornali trovarono un posticino in prima pagina.

Ieri è successo di nuovo così. I giornali non si sono emozionati per l’uscita di Gratteri contro avvocati e commercialisti. Era una dichiarazione clamorosa, perchè metteva sul banco degli imputati due intere categorie di professionisti additandole come complici dei mafiosi.

Avvocati e commercialisti hanno già risposto al Procuratore di Catanzaro e non c’è bisogno di aggiungere altro. E’ evidentissimo lo scopo, diciamo così, provocatorio della affermazione di Gratteri. E’ abbastanza evidente che lui non pensa davvero che esista un numero consistente di avvocati e di commercialisti che tramano coi mafiosi. Sicuramente qualcuno ce ne sarà, ma ad occhio le statistiche dicono che non sono, in percentuale, più numerosi dei giudici e dei Pm finiti nei guai con la giustizia. Sebbene, come è noto, spesso giudici e Pm, quando diventano indiziati, trovano - rispetto alle altre categorie dei cittadini - più indulgenza nella magistratura.

La domanda però che vorrei porre è questa ( banalissima): perché? Cioè, perché Gratteri ha ritenuto utile la provocazione contro gli avvocati?

Temo che la risposta sia semplice e banale come la domanda. Perché lui preferirebbe un funzionamento della giustizia più scorrevole e lineare, con meno intoppi. E cioè preferirebbe che alla figura del Procuratore o del Sostituto fossero consegnati poteri molto più ampi di quelli attuali, e che il percorso delle indagini e del processo fosse il meno possibile disseminato da ostacoli burocratici. Tra questi ostacoli burocratici, Gratteri ( e con lui un pezzo, seppur minoritario, della magistratura) considera gli avvocati, cioè coloro che incarnano il diritto alla difesa. Gratteri immagina questo diritto come un orpello, e cioè come qualcosa che spesso allontana la giustizia formale ( quella assicurata dalle leggi e dai meccanismi di garanzia) dalla giustizia sostanziale. La giustizia formale, secondo Gratteri, è del tutto insufficiente a inchiodare i colpevoli e a permettere che si sviluppi nei giusti termini la lotta alla mafia.

Nessuno dubita delle ottime intenzioni del Procuratore di Catanzaro. E’ chiaro come l’acqua che il suo scopo, al quale ha dedicato la vita, è quello di sradicare la ‘ ndrangheta dalla Calabria. E, tra l’altro, molte cose che ha detto - anche in quest’ultima occasione - sono sacrosante, come le sue richieste di un impegno dello Stato, anche finanziario, in scuola e cultura, perché solo scuola e cultura possono davvero tagliare l’erba sotto i piedi dei mafiosi. Il problema è che non è sufficiente decidere qual è il bersaglio della propria battaglia, e scegliere un buon bersaglio, per compiere una sana azione di giustizia. Sì, certo, contano i fini, ma contano anche i mezzi. E l’abolizione o la riduzione delle garanzie è un pessimo mezzo. Che fa marcire anche i fini. Sarebbe come stabilire che a Kabul, per esempio, ci sono dei terroristi, e sconfiggerli gettando una bomba atomica sulla città. E’ chiaro che per un Pm è più facile agire senza l’intralcio degli avvocati. Però quel modo di procedere non ha niente a che fare con il diritto. Spesso si dice: è un modo da sceriffi, da Far West. Compiendo così una parziale ingiustizia verso i cowboys, perché persino nel Far West c’erano alcune leggi e alcune procedure che andavano rispettate.

Il problema è che proprio perché Gratteri è considerato dal nostro sistema dell’informazione una specie di divinità intoccabile, le idee che lui fa viaggiare nell’opinione pubblica - solitamente senza contraddittorio - sono molto molto pericolose. Il messaggio sugli avvocati- complici, gli avvocati- mafiosi, e dunque da neutralizzare, è una vera e propria bomba atomica contro la legalità. Esatto: contro la legalità. Ma come: non è Gratteri il campione della legalità? No, quando lancia questi strali, e crea queste cortine fumogene, non danneggia solo la reputazione e la dignità di un’intera categoria, ma ferisce profondamente la legalità, che non è una idea vaga, è un sistema, e di quel sistema gli avvocati sono una parte decisiva, viva, fortissima, non certo inferiore alla parte costituita dai Pm e dai giudici. Denigrare gli avvocati equivale a sottovalutare e denigrare e ferire la legalità.

Voi sapete che da qualche mese l’avvocatura italiana ha iniziato una battaglia per chiedere che la figura dell’Avvocato sia “consacrata” dalla Costituzione. Cioè entri a far parte a pieno titolo della nostra Carta, così come della Carta fa parte la figura del magistrato. Proprio in queste parole di Gratteri sta la spiegazione del perché questa battaglia sia così importante. C’è un pezzo della nostra classe dirigente ( politici, magistrati, giornalisti) che mette continuamente in discussione ( seppur non apertamente) il diritto di difesa e il valore delle figure che lo rappresentano. Perciò bisogna eliminare gli equivoci e creare una indiscutibile parità costituzionale costituzionale tra avvocati e magistrati. In modo da rendere inattaccabile l’indipendenza degli uni e degli altri. Indipendenza: valore cruciale. Ed è esattamente il valore che Gratteri ha voluto mettere in discussione.