Nessun grillino aveva ancora commentato il post del padre nobile Beppe Grillo sul carcere, nemmeno il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, immediatamente chiamato in causa dalle opposizioni. Il primo a farlo, al termine della visita al carcere di Poggioreale a Napoli, è stato il presidente della Camera, Roberto Fico: le dichiarazioni sono state sollecitate dai giornlisti ma pentastellato considerato il più “a sinistra” del Movimento non si è tirato indietro. Se la tesi del comico era quella di «un mondo senza carceri», in cui si privilegiano le misure alternative, Fico non si è sbilanciato fino a questo punto: «Beppe nei suoi post fornisce una visione del mondo che crea dibattito. Un po’ come quando è nata l’esperienza civica, tramite i suoi spettacoli e, dopo il 2005, con il Movimento. Si danno dei punti di vista che, in gene- rale, sono molto importanti», ha ragionato il presidente della Camera, legittimando di fatto le parole del fondatore del Movimento. Nel merito dell’ipotesi di abolizione delle carceri, Fico ha chiamato in causa il valore della certezza della pena, che però deve coniugarsi la sua funzione riabilitativa: «È giusto che, per chi ha commesso dei reati, ci sia la certezza della pena. Però bisogna capire che la pena certa significa anche formazione nuova per una persona che dovrà tornare nella società». In altre parole, pur non arrivando a spingersi fino all’abolizione del carcere, anche Fico ha sottolineato l’importanza delle misure alternative alla detenzione e dei percorsi rieducativi. «Come comunità di cittadini, infatti, chiediamo certezza della pena, ma non possiamo non porci una domanda fondamentale: cosa farà il detenuto una volta scontata la pena, che persona e che cittadino sarà. Questo perché carcere e società esterna sono vasi comunicanti. E quindi sarà una persona migliore se in carcere avrà trovato la poscome sibilità di costruire un’opportunità di riscatto e di formare o ricostruire la propria identità, seguendo per esempio percorsi di formazione o imparando un nuovo lavoro», ha aggiunto poi in un post sulla sua pagina Facebook. Senza aggiungere altro sul post di Grillo, durante la visita in carcere è però entrato nel merito del ruolo degli istituti di detenzione: «Devono garantire la dignità della persona, altrimenti non si può pensare a un percorso formativo e riabilitativo». Nel percorso di rieducazione, secondo Fico, «bisogna pensare che individui riconsegnamo alla società. Se escono persone scollegate dal mondo, senza un progetto, abbiamo fatto più un danno alla società e alla persona che un servizio», per questo è importante lavorare per creare «un collegamento profondo tra ciò che avviene fuori e dentro, in modo che quando un detenuto esce sia già collegato con la società».

Al termine della visita a Poggioreale, Fico ha ragionato più complessivamente sullo stato delle carceri in Italia, sottolineando come «ci siano stati dei miglioramenti, ma la situazione rimane critica: qui oggi abbiamo 2.200 detenuti, dovrebbero essere 1.690, ma erano 3.000. Alcuni padiglioni rispettano gli standard, altri no». In merito al sovraffollamento, ha spiegato che «ci sono state anche leggi sbagliate, come la Giovanardi- Fini, che hanno causato l’eccessivo affollamento» ma, per evitare invasioni di campo in un tema che si prospetta uno dei banchi di prova del governo, ha evidenziato come «su questi temi interverrà il ministro della Giustizia, che conosce bene la situazione». Per ora, tuttavia, quella di Fico rimane l’unica presa di posizione sul post di Grillo da parte di un esponente di spicco del Movimento 5 Stelle. Il diretto interessato per competenza, il Guardasigilli Alfonso Bonafede, invece, ha scelto di non commentare, pur avendo in più occasioni affrontato la questione carceraria, da ultimo in un’intervista al Fatto Quotidiano, in cui ha spiegato di voler intervenire sul decreto attuativo della riforma dell’ordinamento penitenziario, in particolar modo l’allargamento delle misure alternative, perché «mina il principio della certezza della pena».

Certamente, comunque, la riforma del carcere fa parte del contratto di governo sottoscritto da Lega e 5 Stelle. Nel testo, si legge che «è necessario riscrivere la cosiddetta riforma dell’ordinamento penitenziario al fine di garantire la certezza della pena per chi delinque, valorizzando altresì il lavoro in carcere come forma principale di rieducazione e reinserimento della persona condannata. Si prevede altresì una rivisitazione sistematica e organica di tutte le misure premiali per garantire l’effettività del principio di rieducazione della pena». Sulla carta, dunque, enfasi maggiore viene data, più che alla certezza della pena in senso lato, al fatto che la pena venga scontata in carcere. Come - e soprattutto se questo verrà influenzato dalle esternazioni di Grillo è tutto da vedere, anche perchè l’altro contraente del contratto - la Lega di Matteo Salvini - difficilmente sarà disposto a cedere su una questione che, insieme al rafforzamento della legittima difesa, è tra gli elementi caratterizzanti della sua proposta politica.