Chissà, magari Friedrich Schiller ne avrebbe tratto ispirazione per completare quel Demetrius che non riuscì a terminare prima della morte nel 1805. Già, perchè gli elementi ci sono tutti: e principalmente il tema - carissimo al poeta e filosofo tedesco - dell’usurpatore consapevolmente tale, che tuttavia è degno della corona. Lo strabismo di Arcore che tanto piace a Salvini

Forse è proprio così che Matteo Salvini si sente; forse è proprio così che Silvio Berlusconi vive il capo leghista. Sentimenti forti e a tinte nette, pronti ad acquisire una dimensione strutturalmente politica una volta calate dall’empireo dove stazionano le “anime belle” alla terrigna durezza del fango e della lotta per la supremazia. E’ il “dramma della politica”: altro elemento tipicamente schilleriano, che nulla ha a che fare con le ambiguità e le contraddizioni che arriveranno un secolo dopo dai volteggi dell’inconscio di freudiana sintesi. Qui non c’è nessuna uccisione del padre da celebrare perché il Dna di Matteo è del tutto alieno a quello di Silvio, e il padre politico del capo del Carroccio è semmai quel Senatùr che Salvini ha definitivamente piazzato nelle foto di famiglia che non si possono distruggere perché sarebbe sacrilegio ma è comunque meglio dimenticare.

No, meglio Schiller. Molto meglio. Meglio il tormento ottima- mente dissumulato ( ce lo vedete voi Matteo macerato? Impossibile...) del giovane protagonista che, come scrisse il Mittner, «si sente eletto ad agire e si ribella all’ordine costituito per crearne uno migliore». Questo era il sentimento di Demetrius che puntava al trono dello Zar; questo è l’obbiettivo che si è dato Salvini e questo è il lasciapassare che, dal punto di vista formale, il Cav gli ha consegnato. Solo così, infatti, si spiega il via libera ricevuto da Berlusconi per sottoscrivere il Contratto di governo con l’M5S che il vicepremier ogni volta non si dimentica di sbandierare. E solo così si giustifica il fatto che non ci sia atto di governo che il capo di FI attacca senza se e senza che provenga dall’odiato Di Maio, mentre Salvini resta comunque fuori bersaglio, dotato di uno scudo immunitario che svia ogni critica e ogni accenno di polemica incenirisce sul nascere.

Così accade che la bufera sull’immigrazione, le accuse di “cattivismo” o, assai peggio, di disumanità tendente al razzismo non ricevano che qualche buffetto dalla reggia di Arcore, conditi tutt’al più da gorgoglii di rimbrotto per gli affondi sempre più belluini contro la Ue. Mentre non appena compare sulla Gazzetta Ufficiale il decreto Dignità partorito dall’altro vicepremier a cinque stelle, apriti cielo: cannoneggiamento alzo zero e una lettera- manifesto sul più importante giornale italiano firmata di suo pugno dall’” imprenditore Berlusconi” nei riguardi di chi pretende di legiferare «su una cosa che non ha mai conosciuto: il lavoro».

Curioso, no? E’ come se, dopo aver scelto di stare all’opposizione quale migliore argine contro «il pauperismo grillino», Berlusconi fosse attentissimo ad attaccare solo quelli che di Salvini sono gli alleati e mai chi, allo stato, è il protagonista assoluto dello scenario politico italiano. Come se ci fosse un non detto assai più importante e significativo del detto. Come se il legame tra i due leader del centrodestra che fu, era e resta infinitamente più importante del patto che unisce i “vincitori” del 4 marzo. Come se l’una cosa fosse strategica, e l’altra solo di necessità.

Ma, appunto: quale strategia e quale necessità? Macché Schiller, non mischiamo la lana con la seta ( eufemismo): per molti il balletto di Salvini altro non è che l’ennesima, banale riedizione del doppio forno: al governo con l’M5S, nelle giunte locali con FI. E Berlusconi ci sta sta convenienza e perchè altrimenti che altro può fare?

Può essere. Però semplificare a volte svia. Perchè Silvio le carezze le dà solo se gli tornano utili; e Salvini sa bene l’effetto che produce nell’alleato di maggioranza quando spiega che: «Berlusconi? Certo, mi ci sono visto l’altro giorno e mi ha fatto i complimenti per quello che sto personalmente facendo al governo». Dove tutta questa enfasi manovriera porti, non è chiaro. Intanto, almeno nei sondaggi, la Lega schizza in alto; FI non tracolla però scende e i Cinquestelle sono in calo. Ma i sondaggi vanno bene se ci sono le elezioni a breve. Ecco, appunto: ci sono? Forse la verità è che uno tra Silvio e Matteo sta facendo un terribile errore. Ora è troppo presto per sapere chi ma a ottobre, con la Finanziaria sarà tutto più chiaro.