Io mi chiedo: se fossero stati italiani? Se ieri in Italia - poniamo - in un attentato terroristico, o in un incidente, o in un incendio, o nel crollo di un ponte, fossero morte 100 persone, molti bambini, madri, padri, se fosse avvenuta una simile immane tragedia cosa avremmo fatto, detto, scritto? La notizia che cento persone ( di nazionalità africana) sono affogate nel Mediterraneo invece non ha prodotto nessun effetto. Molti siti on line, anche di grandi giornali, non l’avevano tra le prime notizie ieri pomeriggio. Il governo italiano non si è mosso, non ha operato, né dichiarato, non si è difeso, né ha polemizzato.

Silenzio. Mi pare che anche i partiti dell’opposizione siano rimasti tranquilli al loro posto.

Io non voglio accusare nessuno.

Non sopporto il giochino delle responsabilità morali: è un gioco vigliacco.

Vorrei solo ragionare. Cercando di non considerare le cifre come qualcosa di vago e poco interessante e invece le “percezioni” come il Vangelo.

Proviamo a ragionare così, per ipotesi. Se in Italia ieri fosse avvenuta una strage con 100 morti, tutti - dico: tutti - avrebbero avuto la percezione di trovarsi di fronte a un’emergenza che supera tutte le altre emergenze. Se per esempio quei morti fossero stati causati dal terrorismo, giustamente il governo si sarebbe concentrato sull’emergenza- terrorismo, avrebbe studiato misure di prevenzione, di repressione, di indagine. Giusto? Nessuno avrebbe più immaginato l’emergenza- sbarchi come una priorità.

Ecco, io dico semplicemente questo. Se ogni anno nel Mediterraneo muoiono due o tremila persone ( forse di più), molti bambini, molte donne incinta, e altri muoiono nei campi di concentramento in Libia, o torturati dai negrieri lungo il percorso di fuga dai loro poverissimi paesi africani, è ragionevole o no dire che esiste una emergenza migranti, e che l’emergenza sta nel salvare quante più vite possibile?

Io non credo che nessuna persona, e nessun ministro, o leader politico, o premier o vicepremier, posto di fronte a una domanda di questo genere possa rispondere di no. E’ evidentissimo che oggi l’emergenza è il salvataggio delle vite umane. Non esiste nessuna proporzionalità tra cento morti più del previsto e trecento sbarchi più del previsto. L’emergenza sono i morti, non gli sbarchi. La mia non è una tesi politica, è logica pura, adattata ai principi elementari della civiltà umana.

E invece, clamorosamente, succede che l’intera classe dirigente europea - cioè del continente più avanzato e civile del mondo - si arrovelli su come fermare gli sbarchi o su come distribuire alcune migliaia di profughi ( in un continente, appunto di circa mezzo miliardo di esseri umani) e non si occupi neppure per sbaglio dell’emergenza stragi. Di più. L’intero establishment europeo discute e si accalora su come fermare le Ong e renderle inoffensive. Cioè sul modo nel quale fermare i soccorsi.

Sarebbe come se essendo scoppiato un incendio che minaccia di bruciare un villaggio, le autorità ordinassero il blocco della ambulanze.

Non trovo che ci sia niente di politico in questa discussione. Non ha nessun senso dividersi tra destra e sinistra ( come ha scritto saggiamento su queste pagine Renata Polverini, deputata di Forza Italia). E’ una follia immaginare una sinistra che vuole salvare le vite umane e una destra governista che le vuole annientare, o viceversa.

Allora, però, per favore, torniamo alla realtà. In primo luogo noi giornalisti, che siamo i maggiori creatori di percezioni false. Talvolta per sciatteria, talvolta per ragioni di mercato. Gli sbarchi in Italia sono dieci volte meno di tre anni fa. Non c’è più una emergenza sbarchi. I morti invece sono in aumento, e anche se non fossero in aumento sono comunque alcune migliaia, una quantità spaventosa. Gli immigrati clandestini in Italia sono la metà di dieci anni fa.

A cosa serve la campagna antisbarchi? E come si fa a non capire che la conseguenza di questa campagna è l’aumento dei morti? E come si può non considerare la necessità di ridurre i morti come una necessità assoluta che supera tutte le altre possibili emergenze?

Caro Salvini, la propaganda politica io - glielo assicuro - la considero una attività importantissima, e decisiva per il funzionamento della democrazia. Purché non diventi un incitamento alla perdita di ogni influenza dell’etica in politica. Vede, ministro, dire a un popolo di disperati, poverissimi, terrorizzati dal futuro, “tu l’Italia non la vedrai se non in cartolina”, come lei ha fatto, non è più propaganda politica, è invito al cinismo di massa, all’arroganza, alla volgarità. Può portare qualche voto alle elezioni europee, forse, ma il prezzo, in termini di civiltà del nostro stesso popolo, sarà altissimo. Che populismo è questo?