Fino a qualche mese fa nessuno, ma proprio nessuno avrebbe scommesso una lira turca sugli oppositori del “sultano” Erdogan. Tutti i sondaggi lo davano infatti stravincitore delle elezioni presidenziali fin dal primo turno. A 24 ore dal voto però gli equilibri sembrano spostarsi, l’annunciato trionfo potrebbe infatti trasformarsi in una vittoria a metà e lo spettro del ballottaggio diventare una possibilità concreta. Due anni di purghe e repressioni seguite al tentato golpe del luglio 2016 hanno sì rafforzato il suo sistema di potere che, con la scusa di combattere i “nemici della patria”, è riuscito a sbarazzarsi di avversari insidiosi, ma la cappa dello Stato d’emergenza permanente ha anche isolato il Paese nella comunità internazionale, sfiancato la società civile, polarizzato i conflitti. I pessimi risultati economici del governo, con la lira che dall’inizio dell’anno ha perso il 20% di valore rispetto al dollaro e l’inflazione che inizia a galoppare, rappresentano un altro campanello di allarme per il clan erdoganiano. Vediamo dunque chi sono i cinque sfidanti del presidente- padrone e quante chance hanno di insidiare la sua rielezione. MUHARREM INCE Il leader del Partito repubblicano del popolo ( Chp) è un uomo politico carismatico e combattivo, deputato da quattro legislature, ex professore di fisica, laico, abile oratore e sempre con la risposta pronta è il principale avversario di Erdogan al quale manda quotidiane frecciate dai palchi dei suoi meeting elettorali, accusandolo di aver trasformato il Paese in uno Stato di polizia. Se a gennaio era quotato intorno al 18%, negli ultimi mesi ha realizzato una spettacolare rimonta. Gli ultimi sondaggi lo danno oltre il 30%, lui è convinto che si andrà al secondo turno dove riuscirà a far convogliare sul suo nome tutti gli scontenti. MERAL AKSENER Con circa il 15% delle intenzioni di voto, al terzo posto dovrebbe piazzarsi la 62enne insegnante di storia ex ministra dell’Interno ( 1996 e 1997). Capo della formazione Iyi ( Partito buono) creata appena otto mesi fa, nazionalista di destra e laica, è soprannominata “la lupa” per via del sua proverbiale determinazione. Contraria alle misure d’emergenza adottate da Ankara dopo il fallito golpe, la Aksener si oppone da anni alle derive presidenzialiste di Erdogan sostenendo la necessità di rafforzare il sistema parlamentare «e di far tornare la Turchia nell’alveo democratico». Conta di raccogliere consensi tra i ceti moderati delusi dal Akp ( il partito del presidente). SELAHATTIN DEMIRTAS Figura emblematica della comunità curda, esponente del Hdp, Demitras sta facendo campagna elettorale da una celle di prigione dove è rinchiuso dal novembre del 2016 per «attività terroristiche». Rischia una condanna a 142 anni di prigione. Secondo le ultime inchieste dovrebbe superare il 10%, che è la soglia per entrare in Parlamento.Comunica con l’esterno grazie ai suoi avvocati e denuncia una «persecuzione politica» nei suoi confronti. Domenica scorsa è apparso dopo quasi due anni, sugli schermi della televisione pubblica dai quali ha potuto pronunciare un discorso di dieci minuti seguito da migliaia di militanti che si erano riuniti a Istanbul sotto un maxischermo. «Mi sono candidato perché Erdogan ha paura di me, così paura che se verrà rieletto ha annunciato che ripristinerà la pena di morte per giustiziarmi. Io non ho paura a scarificarmi per il mio popolo e non farò mai un passo indietro». TEMEL KARAMOLLAOGLU Islamista moderato, è lo sfidante ideologicamente più vicino a Erdogan dal quale si allontanato dopo la riforma presidenzialista della Costituzione; 77 anni, leader del Saadet ( Partito della felicità) e fedelissimo dell’ex premier Necmettin Erbakan, accusa il “sultano” di aver tradito le aspettative con cui venne eletto primo ministro nel 2002: «Parlava di democrazia, di libertà di espressione, ma ha fatto tutto il contrario». Accreditato del 3% non ha alcuna speranza di diventare presidente né di far approdare il suo partito in Parlamento. Ma potrebbe conquistare consensi tra l’elettorato del Akp portando Erdogan al ballottaggio. DOGU PERINÇEK Di sinistra ma ultranazionalista ( è un fiero negazionista del genocidio degli armeni) anti- curdo, dirige il partito Vatan. Padre di quattro bambini, laureato in legge, è stato incarcerato più volte durante il colpo di stato militare del 1980. A 76 anni è un veterano della politica turca anche se all’estero è semisconosciuto. Si definisce patriota e comunista, vorrebbe creare un’alleanza stabile con la Russia di Putin e la Siria di Assad in chiave anti- occidentale. Nel 2013 fu sospettato di architettare un golpe è finì nuovamente in galera per poi venire graziato e liberato. Non dovrebbe superare il 2,5% dei voti ed è l’unico candidato che non ha siglato l’accordo pre- elettorale tra gli sfidanti di Erdogan e in un eventuale ballottaggio inviterà i suoi elettori a non votare per nessuno.