Galli della Loggia, uno dei più prestigiosi intellettuali italiani, ha scritto sul Corriere della Sera un editoriale nel quale molto seriamente propone 10 punti per cambiare la scuola italiana. Obbligo per gli studenti di alzarsi in peidi quando entra il prof, innalzamento di una ventina di centimetri della cattedra, gite scolastiche solo in Italia e altre cose simili. Non è uno scherzo. Forse è l’annuncio di una svolta reazionaria molto profonda.

giusto aspettare prima di dare un giudizio su questo nuovo, strano, governo. Le premesse non incoraggiano molto. Il Presidente del Consiglio ha tenuto davanti al Senato un discorso lungo e senza voli pindarici. Si potrebbe dire “noioso”, ma non è che in genere i discorsi dei presidenti che chiedono la fiducia siano particolarmente entusiasmanti. Se pensiamo ai discorsi di Andreotti, questo di Conte è stato quasi un intervento vivace. Più della sua noiosità, casomai, quel che preoccupa sono alcuni accenni. Sulla giustizia Conte è stato vago, ma tutt’altro che rassicurante. Sui rapporti internazionali idem. Sulla questione immigrazione non ha affatto dato l’impressione di voler frenare la linea-Salvini. Sfidato da Martina sul delitto in Calabria - la fucilazione di un sindacalista nero - si è limitato a due parole di circostanza molto molto generiche. E poi quella sua frase non richiesta (“non siamo razzisti”) che nel gergo politico, di solito, ha un significato opposto.

Oggi però, invece di parlare di Conte, vorrei parlare di Ernesto Galli della Loggia. Perché? Perché ha scritto sul Corriere della Sera un editoriale che non può passare inosservato. Galli Della Loggia è considerato comunemente uno dei maggiori intellettuali, e storici, italiani. Anche io lo stimo. Il Corriere della Sera gode fama di essere fra i quattro o cinque maggiori e più autorevoli quotidiani europei. Dunque un editoriale di Galli della Loggia sul Corriere vale molto.

Galli ha presentato una proposta in dieci punti al ministro della Pubblica Istruzione. Chiedendo di realizzarli in fretta. Ve li riassumo. E vi prego sin da ora di non pensare che la mia sia una parodia. Li riassumo molto molto fedelmente, senza modificarli, né esagerare, né commentarli. Poi, tra qualche riga, li commenterò.

1) Reintroduzione in ogni aula scolastica della predella, in modo che la cattedra dove siede l’insegnante sia di poche decine di centimetri sopra il livello al quale siedono gli studenti.

2) Reintroduzione dell’obbligo per ogni classe di ogni ordine e grado di alzarsi in piedi in segno di rispetto all’ingresso nell’aula del docente.

3) Divieto nei confronti di tutte le occupazioni e delle relative autogestioni.

4) Cancellazione di qualunque legge o regolamento che consenta la partecipazione delle famiglie o delle loro rappresentanze all’istitu- zione scolastica.

5) Divieto di convocare riunioni di insegnanti più di tre o al massimo quattro volte al mese. 6) Affidamento della pulizia degli edifici scolastici agli studenti. 7) Per superiori ragioni di igiene antropologica- culturale, divieto di introdurre smartphone nell’area scolastica 8) Obbligo per tutti gli istituti di tenere aperta il pomeriggio una biblioteca e una cineteca.

9) Per le gite scolastiche, obbligo di scegliere località italiane ( Perché conoscere Berlino o Barcellona se non si conosce Matera?).

10) Obbligo di chiamare ogni edificio scolastico col nome di una personalità illustre.

Voi penserete che è un gioco. No, è il pensiero di Galli ed è l’editoriale del Corriere. È la rappresentazione drammatica del clima reazionario che sta montando nel paese. Nessuno si stupisce più se un ministro adopera frasi del “re Sole” per spiegare la sua funzione. Nessuno si stupisce se un altro ministro dice che i profughi vivono nella pacchia. Nessuno alza il sopracciglio se passano per le armi un sindacalista nero. E uno dei massimi editorialisti e intellettuali italiani scrive un manifesto che sembra scritto da un vecchio reazionario a metà degli anni venti, nel quale immagina una scuola dove gli alunni entrino a capo chino, riscoprano la vecchia e gloriosa favola dell’autoritarismo come igiene educativa, si alzino in piedi dinanzi all’insegnante, si mettano la cravatta, si levino il cappello, cantino in coro e recuperino i valori dell’italianità.

Lasciamo da parte il punto otto del manifesto di Galli, che è abbastanza ragionevole ( anche se ormai la tecnologia ha un po’ superato biblioteche e cineteche) tutti gli altri punti servono solo a richiamare la necessità di una svolta autoritaria. E di una sottomissione delle nuove generazioni.

Figuratevi, un vecchietto come me ( e come Galli), ha forgiato le sue prime idee politiche, e sulla società, leggendo quel libro stupendo che fu scritto un po’ più di cinquant’anni fa da don Lorenzo Milani e dai suoi giovani alunni di Barbiana. Si chiamava “Lettera a una professoressa”, ed era un po’ come questa lettera di Galli al ministro: un manifesto. Però quel libro era un manuale della “liberazione”, della riconquista della cultura, della lotta per essere più liberi e per far funzionare il valore dell’uguaglianza. La cultura italiana dei cinque decenni successivi ha tutta delle radici che hanno qualcosa a che fare con quel libro. Galli della Loggia ci propone di scordarcelo Don Milani e di tornare ai vecchi bei maestri con la bacchetta, dei tempi gloriosi del fascismo. E lo fa con la sua autorità, persino citando Hannah Arendt, e con l’autorità del Corriere.

È questo che mi fa paura. Sembra quasi una campanella, un avviso: attenzione, è finita l’epoca del “liberi tutti”. La sinistra e i liberali sono stati sconfitti. Torna la disciplina. È tempo di una svolta reazionaria che non riguarda solo il governo, ma che piegherà il mondo della cultura, dell’informazione, della scuola, della ricerca...