È detenuto illegalmente da quasi un anno nel carcere di Regina Coeli, in attesa che si liberi un posto nella residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza ( Rems) in ottemperanza a quanto indicato nel dispositivo dell’ordinanza del gip di Roma. L’avvocata difensore Simona Fillipi, la quale sta seguendo il caso dell’internamento e non il processo penale che ha subito, ha scritto una lettera alla Corte Europea di Strasburgo per denunciare il caso. Una volta che i giudici di Strasburgo risponderanno, il legale potrà inoltrare il formale ricorso. Se tutto procede come dovrebbe, per la prima volta il governo Italiano dovrà pronunciarsi sul caso degli internamenti illegali nelle carceri italiane. Come già denunciato più volte da Il Dubbio, c’è un numero enorme di internati psichiatrici reclusi in carcere. La legge 81 ( quella che fece chiudere gli Opg) stabilisce un limite per la permanenza nelle Rems e i Dipartimenti di salute mentale devono elaborare piani terapeutici individuali. Però le Rems sono piene - questo è anche dovuto dal fatto che i giudici, con grande facilità, emettono troppi ordinanze di misure di sicurezza - e si creano le liste d’attesa. Alcuni internati attendono in libertà e altri, invece, sono reclusi anche se non sono ufficialmente dei detenuti. Purtroppo non sono casi estremi i pazienti psichiatrici in lista d’attesa detenuti in carcere: secondo l’ultimo rapporto di Antigone, viene calcolato che nel 2017 i detenuti in ' coda' erano 289. Un numero enorme. Il caso denunciato con una lettera alla Corte europea riguarda Paolo Pasquariello, un uomo di 42 anni che soffre di gravi patologie psichiatriche ( disturbo schizoaffettivo cronico con sintomatologia delirante nonostante la terapia in atto) ed era stato denunciato proprio dai genitori perché a casa era ingestibile e provocava maltrattamenti in famiglia, estorsioni e lesioni gravi. Il processo si era concluso con una sentenza di assoluzione in quanto il giudice ha riconosciuto Pasquariello persona incapace di intendere e di volere e pertanto “non imputabile”. Inizialmente, nei confronti di Paolo, era stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e, pertanto, lo stesso veniva tradotto presso la Casa circondariale “Regina Coeli” di Roma. Successivamente, su richiesta del Tribunale, veniva dato incarico per perizia psichiatrica al professor Fabrizio Iecher il quale, dopo aver dichiarato Pasquariello incapace d’intendere e di volere nonché socialmente pericoloso, concludeva come non fosse opportuna la permanenza in carcere auspicando “un pronto trasferimento in una Rems ove il periziando potrà essere seguito in ambiente terapeuticamente idoneo e protetto”. A quel punto, la difesa ha emesso una istanza per chiedere la revoca della custodia cautelare in carcere, ma il pm, pur dando il parere favorevole, aveva evidenziato l’opportunità di non disporre la revoca non “dal momento in cui vi sarà la disponibilità della struttura individuata dal Dap”. Nel medesimo provvedimento, il pm auspicava di collocare temporaneamente il Pasquariello presso una Comunità terapeutica disponibile ad accoglierlo. Ma niente da fare. Nonostante le diverse opzioni, Paolo Pasquariello è tuttora detenuto in carcere. È recluso in una sezione ordinaria, senza nemmeno essere sottoposto in reparti speciali per infermi psichici. L’avvocata Simona Filippi, nella lettera alla Corte europea propedeutica al ricorso, denuncia l’avvenuta violazione dell’ articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (“nessuno può essere privato della libertà se non nei casi stabiliti dal medesimo articolo e nei modi previsti dalla legge”) e l’articolo 3 in quanto la permanenza in carcere del Pasquariello, alla luce delle sue compromesse condizioni di salute, sta avvenendo in violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti. Una volta giunta la risposta, verrà inoltrato il ricorso e sarà ancora una volta il diritto internazionale a costringere l’Italia a rispettare la legge.