Nell’articolo qui accanto, Damiano Aliprandi spiega come andò la decisione di revocare il 41 bis ( carcere duro) a 334 detenuti, presa nell’autunno del 1993 dal ministro Giovanni Conso. Quella fu l’unica misura che potesse essere considerata un beneficio ai mafiosi. Quindi se bisogna parlare di trattativa tra Stato e mafia ( come ha fatto la sentenza di Palermo) bisogna riferirsi prima di tutto a quella decisione di Conso.

Prima però bisogna chiarire chi era Giovanni Conso. Non era un ministro prodotto dai “berluscones” o dai “partiti corrotti”. I “berluscones” ancora non si vedevano all’orizzonte. I “partiti corrotti” boccheggiavano sotto i colpi di Di Pietro. Conso era un giurista di primissimo ordine, e come tecnico era stato chiamato a far parte del governo tecnico di Carlo Azeglio Ciampi. Il quale a sua volta era uno tra gli economisti più prestigiosi di Europa. Conso in realtà era entrato anche nel precedente governo, quello di Giuliano Amato, il 2 febbraio del 1993 per sostituire Claudio Martelli, affondato da un avviso di garanzia del pool di Milano. Conso era stato chiamato proprio per il valore della sua figura, sia sul piano culturale che su quello morale, in un momento di crisi politica devastante, nella quale i partiti, come dicevamo, erano stati rasi al suolo dalla magistratura e dalla stampa.

Benissimo: Conso si è sempre assunto la responsabilità di quella decisione. Non ha mai scaricato le responsabilità. Perché la prese? Ci fu una trattativa? No - spiega nel suo articolo Aliprandi, e ha accennato due giorni fa Violante - la decisione fu presa sulla base di

E ALLORA PERCHÉ NON PROCESSANO I GIURISTI, TUTTI CELEBERRIMI, CHE EMISERO LA SENTENZA NEL ‘ 93? FORSE PERCHÈ SANNO GIÀ COSA RISPONDEREBBERO: «QUESTO È IL DIRITTO, VOSTRO ONORE... »

una sentenza della Corte Costituzionale depositata in cancelleria il 28 luglio del 1993. Questa sentenza stabiliva che il 41 bis può essere applicato solo caso per caso, e deve essere motivato adeguatamente. Non può essere deciso in blocco per una categorie di detenuti. Per esempio quelli accusati di mafia. E siccome il 41 bis era stato invece assegnato a quei 334 in blocco, non era valido e non poteva essere rinnovato.

Giovanni Conso, in novembre, quando prese la decisione, non poteva fare altro che rispettare la sentenza della Corte.

Poi, se volete divertirvi, potete giocare al gioco delle coincidenze con le date. La sentenza dell’alta Corte fu depositata in cancelleria la mattina dopo l’attentato di via Palestro, a Milano ( 5 morti), esattamente due mesi dopo l’attentato a Firenze ( cinque morti). E la decisione di Conso fu operativa qualche giorno dopo il fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma ( che, se fosse riuscito, avrebbe provocato decine e decine di morti) che è del 31 ottobre.

Ma i processi non si fanno con il gioco delle coincidenze.

Poi però ci sono delle cose che non sono coincidenze ma fatti reali. Per esempio è un fatto che i carabinieri del Ros, che oggi sono stati condannati per aver favorito ( o addirittura realizzato) la trattativa, furono consultati prima della revoca del 41 bis. Fu chiesto loro: «Siete d’accordo su questa revoca?». Sapete cosa risposero, con una nota firmata dal generale Subranni in persona? Risposero secco: «No».

Personalmente nutro moltissimi dubbi sulla legittimità della risposta di Subranni. Il quale disse: niente revoca perché il 41 bis serve per favorire dissociazioni e pentimenti. A me pare che una misura cautelare ( come mi dicono sempre sia il 41 bis) non possa essere usata come strumento di pressione sul detenuto, per farlo parlare, confessare, pentire o altro. Ma oggi non è questa polemica che ci interessa. Ci interessano i fatti. Risulta che il governo Berlusconi non fece nulla per favorire i detenuti, risulta che non fece nulla il governo Amato, e risulta che il governo Ciampi prese una misura che era imposta da una sentenza della Corte Costituzionale. Risulta che a questa sentenza si opposero quasi solo i Ros, e cioè i carabinieri che poi sono stati condannati.

Capite bene che c’è qualcosa che non va. Se davvero i magistrati di Palermo sono convinti che la trattativa ci fu, dovrebbero forse interrogare i giudici dell’Alta Corte che presero quella decisione. Chi erano? Erano il gotha del diritto italiano. Giuristi del calibro di Francesco Paolo Casavola ( che era il Presidente), Ugo Spagnoli, Vincenzo Caianiello, Mauro Ferri, Enzo Cheli, Renato Granata, Cesare Mirabelli, Francesco Greco, Gabriele Pescatore, Fernando Santosuosso. I magistrati dovrebbero, col piglio che ha contrassegnato tutti gli interrogatori a questo processo, chiedere loro: «chi vi spinse a emettere una sentenza che portava benefici ai detenuti sospettati o condannati per mafia». Loro risponderebbero, all’unisono: «Il diritto, signor Pubblico Ministero. Il diritto che in uno stato di diritto vale più di ogni altra cosa».