Il piccolo Alfie Evans è  morto. Lo hanno annunciato i genitori, Tom e Kate, su Facebook. "Il mio gladiatore ha posato lo scudo e ha spiccato il volo alle 2.30", ha scritto il padre, Tom Evans, dicendosi "completamente distrutto". "Ti amo, ragazzo mio", ha aggiunto. La vicenda del bimbo britannico di 23 mesi affetto da una patologia neurodegenerativa ancora non individuata con certezza, era diventato un caso diplomatico che ha visto coinvolti l'Italia e la Città del Vaticano da una parte e la magistratura del Regno Unito dall'altra. Nato nel maggio del 2016, Alfie Evans, dopo i primi mesi di vita è debole e per questo viene sottoposto a diverse visite mediche. Nel dicembre dello stesso anno il bimbo viene portato d'urgenza all'Alder Hey Hospital a Liverpool dopo aver perso conoscenza, in preda alle convulsioni. Le sue condizioni peggiorano e cade in coma. La diagnosi è infausta: Alfie soffre di una malattia neurodegenerativa sconosciuta. Il padre lancia su Internet "l'Esercito di Alfie" raccogliendo il sostegno di migliaia di persone. I genitori si rivolgono al dottor Michio Hirano, il neurologo americano che aveva aiutato Charlie Gard, il bambino inglese protagonista di una vicenda simile. Speranze arrivano anche dallo Utah e dall'Italia. Nel dicembre del 2017 l''ospedale dichiara di aver esaurito tutte le opzioni possibili per Alfie e si oppone al desiderio dei genitori di trasferire il piccolo al Bambin Gesù di Roma per tentare nuove cure sperimentali. I medici esprimono l'intenzione di appellarsi all'Alta Corte per avere il via libera a staccare Alfie dalle macchine che lo tengono in vita. Il caso finisce in tribunale e il giudice Anthony Hayden da il via libera al piano di fine vita dei medici, ma i genitori non si danno per vinti e promettono battaglia. La richiesta di trasferire Alfie in Italia viene ripresentata in diverse sedi - Alta corte, Corte d'appello, Corte suprema e Corte europea per i diritti dell'uomo - ma viene sempre respinta. Tra i ricorsi, prosegue la battaglia legale dei genitori. Papa Tom vola a Roma e incontra Papa Francesco che nelle sue udienze pubbliche ha più volte esortato a pregare per il piccolo Alfie. Il 23 aprile il governo italiano gli concede in extremis la cittadinanza, nella speranza che questo porti a un suo trasferimento a Roma. La sera stessa il bimbo viene staccato dalle macchine ma resiste e continua a respirare. Il 24 aprile una nuova udienza dell'Alta Corte nega per l'ultima volta l'ipotesi di portarlo in Italia ma apre al suo ritorno a casa, condizione che non si riesce a realizzare. Il bimbo muore alle 2.30 di notte del 28 aprile. Sulla vicenda è intervenuto anche papa Francesco: "Sono profondamente toccato dalla morte del piccolo Alfie. Oggi prego specialmente per i suoi genitori, mentre Dio lo accoglie nel suo tenero abbraccio".