«Siamo profondamente delusi e sorpresi: è una sentenza che non ci aspettavamo assolutamente perché eravamo sicuri di aver dimostrato che l’ipotesi accusatoria non aveva alcun fondamento», così ha commentato al Dubbio l’avvocato Francesco Centonze a pochi minuti dalla sentenza che ha condannato Marcello Dell’Utri, accusato di “violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario” - art. 338 cp -, a 12 anni di carcere e all’“interdizione perpetua dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale durante la pena” nel processo sulla Trattativa Stato Mafia. Dell’Utri, secondo l’accusa, si sarebbe fatto “portavoce” delle minacce mafiose presso il governo Berlusconi. «Noi ritenevamo - prosegue il legale - di aver dimostrato contro ogni ragionevole dubbio l’assoluta innocenza di Dell’Utri in questa vicenda. Siamo ansiosi di leggere come i giudici motiveranno questa decisione. Ricorreremo ovviamente in appello». Come possiamo leggere nella memoria difensiva di quasi 300 pagine presentata dall’avvocato Centonze “la tesi della pubblica accusa della formulazione di una minaccia stragista da parte di Cosa Nostra non ha trovato alcun supporto nell’istruttoria dibattimentale. Nessuno dei testimoni della Procura ha mai fatto cenno a messaggi intimidatori da parte dell’organizzazione criminale a Dell’Utri e al Presidente Silvio Berlusconi”. Aspetto ancora più rilevante, evidenziato dalla difesa, è che “all’esito del dibattimento non c’è la prova che Mangano ( lo stalliere di Arcore, ndr.) abbia incontrato Marcello Dell’Utri dopo aver ricevuto le indicazione da Giovanni Brusca ( ex boss della mafia, poi divenuto collaboratore di giustizia, ndr.) e, anche ammesso che si siano incontrati, in ogni caso, non è stato dimostrato che Mangano abbia effettivamente trasmesso a Dell’Utri il messaggio minatorio”.

Intanto Marcello Dell’Utri proprio due giorni fa è rientrato nel carcere romano di Rebibbia, dopo essere stato per circa due mesi ricoverato al Campus biomedico di Roma per effettuare la radioterapia a causa di un tumore alla prostata. Deve scontare ancora un anno e mezzo di detenzione per la condanna definitiva a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. La situazione giudiziaria alquanto complessa di Dell’Utri comprende al momento anche un ricorso pendente alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo attraverso cui, in sintesi, si chiede di applicare quanto già deciso per Bruno Contrada, ossia l’annullamento della sentenza per concorso esterno in associazione mafiosa perché all’epoca dei fatti contestati a Contrada, così come a Dell’Utri, il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non era sufficientemente tipizzato, quindi il processo sarebbe stato celebrato illegittimamente. Lo scorso marzo la seconda sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta aveva rigettato la richiesta di revisione di tale processo, decisione che i legali di Dell’Utri intendono impugnare in Cassazione. Probabilmente la pronuncia della Cedu arriverà dopo l’estate: se la richiesta dei legali venisse accolta l’Italia poi dovrebbe riconoscere l’eventuale accoglimento ottenuto in sede europea; considerando i tempi della giustizia si prevede che Dell’Utri dovrà scontare tutta la pena residua in cella.