Un appello a governo, istituzioni e all’intera classe politica affinché venga approvata quanto prima, «abbandonando ogni forma di ostruzionismo», la riforma dell’ordinamento penitenziario: è ciò che è stato illustrato ieri in una conferenza stampa convocata dall’Unione Camere penali, durante la quale è stata resa nota anche l’astensione dalle udienze e da ogni attività nel settore penale per i giorni 2 e 3 maggio. Qualora gli organi parlamentari non provvedessero a inserire nell’ordine del giorno delle Commissioni Speciali il decreto legislativo già approvato due volte in esame preliminare dal Consiglio dei ministri, si terrà anche una manifestazione nazionale il 3 maggio per «sensibilizzare l’opinione pubblica e l’informazione» sulla situazione in atto, e a cui sono invitati tutti i parlamentari e gli esponenti di governo.

«Come Ucpi abbiamo inviato lettere ai presidenti delle Camere e ai capigruppo: la politica è senza pudore, se non si accorge che per le carceri potrebbe finire nel nulla tutto il lavoro fatto finora e che questa riforma va nel senso della sicurezza dei cittadini», ha dichiarato il presidente dell’Unione Camere penali Beniamino Migliucci. Che non ha risparmiato critiche al governo: «Sono convinto della buonafede del ministro Orlando, ma trovo disgustoso che non ci sia stato il coraggio di far approvare questa riforma prima del voto. Gentiloni aveva dato rassicurazioni, poi è venuto meno alla parola data. Se fossi il ministro della Giustizia e il mio governo non mi facesse approvare una riforma su cui c’è stato tanto lavoro, mi dimetterei e me ne andrei. In ogni caso, tranne Orlando, non ho sentito nessuno del governo ribattere a chi sosteneva che questo provvedimento è uno svuotacarceri».

La strada, secondo Rita Bernardini, potrebbe essere anche quella tracciata a Radio Radicale dal professore di Diritto parlamentare della Luiss Nicola Lupo: «Il governo è giuridicamente autorizzato ad adottare il decreto legislativo, a prescindere dal parere parlamentare, ove questo non sia stato espresso nel termine previsto», ossia i dieci giorni intercorsi dalla trasmissione nelle commissioni competenti: ma come ricordato in altro servizio del giornale, l’indiscutibile assunto è stato aggirato, dalla Camera, con la limitazione delle competenze attribuite alla commissione speciale.

Il presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin denuncia una «omissione che trovo sia politicamente che giuridicamente molto discutibile, anzi censurabile» e sugli anatemi di Lega e Movimento 5Stelle secondo cui con questa riforma i criminali uscirebbero di galera, Mascherin ha ribattuto: «Le misure previste in realtà alzano la soglia di sicurezza: la personalizzazione delle misure alternative, molto marcata in questo provvedimento, finisce in realtà col rendere più complicata la concessione. Da un lato la misura, proprio perché personalizzata, sarà più difficile da ottenere, dall’altro lato sarà più efficace proprio perché ritagliata sul singolo detenuto», chiarisce Mascherin. «Fanno male i calcoli, coloro che confidano nel presunto consenso assicurato da posizioni giustizialiste o dalla negazione di misure costituzionalmente orientate. Credo che la maggioranza della nostra società condivida l’idea di una esecuzione della pena come trattamento mai inumano, quindi come recupero oltre che inevitabile retribuzione. L’altro ieri ho letto sul Dubbio che qualcuno ( il questore della Camera, Edmondo Cirielli, di Fratelli d’Italia ndr) ha chiesto di abolire il regime delle celle aperte: è dato molto indicativo. Ed è molto pericoloso: siamo in presenza di una corsa al rialzo delle istanze populistiche e demagogiche».

Secondo il presidente dell’Autorità garante dei detenuti, Mauro Palma, «nessuno può comunque ritoccare il provvedimento che è stato trasmesso alle Camere per il secondo parere solo per cortesia istituzionale, e, trascorsi 10 giorni senza che il parere arrivi, il Cdm è comunque autorizzato a emanare il decreto. Non bisogna considerare la porta completamente chiusa, ci sono spiragli, ma spetta a tutti noi farli diventare un’apertura per superare l’attuale stop’ al decreto sulle carceri».

Al termine dell’incontro con i giornalisti, il responsabile dell’Osservatorio carcere dell’Ucpi, Riccardo Polidoro, ha lanciato la pagina facebook “Sì alla riforma penitenziaria”, «uno spazio pubblico per raccogliere interventi a favore del provvedimento. La volontà politica va recuperata con una corretta informazione e con una educazione dei cittadini, bisogna far comprendere come il detenuto che riesca a fare un percorso rieducativo e ad avere un rapporto familiare completo sicuramente è un detenuto più tranquillo. Lo dimostrano anche i dati sulla recidiva: tornano a delinquere il 70% dei reclusi che hanno scontato tutta la detenzione in carcere, mentre tra quelli che hanno avuto accesso alle pene alternative lo fa solo il 10%». Presenti alla conferenza stampa anche Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, e l’avvocato Emilia Rossi, componente dell’Autorità garante dei detenuti.