Un virgolettato sul settimanale Il Venerdì di Repubblica ieri in edicola, attribuito al magistrato di Verona Andrea Mirenda, ha convinto l’onorevole Pierantonio Zanettin di Forza Italia, a presentare al ministro della Giustizia Andrea Orlando una interrogazione parlamentare. Mirenda, intervistato in un libro, avrebbe affermato che «il Csm non è un padre amorevole per i magistrati, non è più l’organo di autotutela, non è più garanzia dell’indipendenza, ma una minaccia, perché non vi siedono soggetti distaccati, ma faziosi che promuovono i sodali e abbattono i nemici, utilizzando metodi mafiosi».

Per Zanettin, fino al mese scorso consigliere laico a Palazzo dei Marescialli, «Mirenda non è nuovo ad esternazioni critiche nei confronti del Csm, ricordo in particolare una polemica ( sui criteri di assegnazione degli incarichi direttivi dei magistrati, ndr) risalente a luglio dello scorso an- no, ma queste ultime dichiarazione appaiono di inaudita gravità e travalicano i limiti di un accettabile diritto di critica. In particolare il termine mafioso appare decisamente fuori luogo e addirittura oltraggioso».

Da qui la richiesta al ministro della giustizia Andrea Orlando di valutare una sanzione disciplinare per la toga veronese.

Ma il magistrato di Verona rettifica e chiarisce la sua posizione: «Nel libro di Iacona l’inciso “metodo mafioso”, crea inutile disorientamento nel lettore», dice.

E ancora: «Essa, invero, avrebbe dovuto dare conto anche della successiva precisazione in cui dicevo che si trattava di “chiara espressione di colore”, di un’enfasi, cioè, destinata solo a far capire la drammatica potenza e la pervasività condizionante delle correnti in magistratura» .