Va in scena al Quirinale il “Matteo- Silvio”. Con Salvini che fa un discorso che avrebbe potuto pronunciare Berlusconi medesimo. E il Cav, che quel discorso materialmente lo avrebbe scritto, che apre e chiude e di fatto dà lui l’incarico di pronunciarlo «al nostro leader» Salvini e in questo caso speaker unico di Silvio e di Giorgia Meloni. Nessun passo indietro e di lato del leader azzurro, che debutta sul Colle da regista e king maker della coalizione, di cui è fondatore.

Va in scena uno show in cui plasticamente Berlusconi conferma che senza di lui il centrodestra non esiste. Che dal cilindro dell’istrionico Berlusconi, seppur certo unito allo spirito di lotta e di governo dell’abile e brillante ex enfant prodige della nidiata di Umberto Bossi, uscisse quel discorso con il quale è Salvini a scendere sul terreno di Forza Italia, adottandone parole e toni, era cosa che fino a ieri sera, e anche fino a ieri nella tarda mattinata nessuno era riuscito a mettere in conto. Silvio apre e Silvio chiude abbracciando i suoi ragazzi Matteo e Giorgia con uno show finora inedito e fuori dal protocollo del Quirinale.

Abbraccia i suoi “ragazzi” e li sposta dal podio, dove riprende lui la parola dove averla data all’inizio a Salvini raccomandandogli di dare «lettura molto attenta alle singole parole perché sulle parole abbiamo discusso abbastanza». Salvini, tornato al Colle con la cravatta verde padana, in ossequio allo stile reinterpretato ieri di Lega di governo e non di lotta lepenista, sorride e “obbedisce” con nonchalance. E infine il Cav, fuori da ogni protocollo, si rivolge ai giornalisti: «Fate i bravi, sappiate distinguere tra chi è un democratico e tra chi invece non conosce neppure l’abc della democrazia. Spiegatelo agli italiani». Attacco ai Cinque Stelle centrato.

Il leader leghista non affonda così il colpo dando lettura del comunicato congiunto, ma dice «no ai veti» pentastellati: «Se continuasse il gioco delle tattiche politiche e dei veti mentre gli italiani soffronto vuol dire che la richiesta di cambiamento sarà disattesa. Ci aspettiamo dal movimento Cinque Stelle altrettanta responsabilità». Insomma, basta veti su Silvio. Annuncia Salvini: «È necessario formare un governo che possa creare una maggioranza stabile. Il centrodestra è pronto a farsi carico della responsabilità unitariamente promuovendo un governo di alto profilo e lunga durata, guidato una personalità della Lega».

E qui si staglia dietro il discorso al Colle l’identikit del vicesegretario e capogruppo leghista Giancarlo Giorgetti, l’uomo sopravvissuto a tutte le Leghe da Bossi a Maroni a Salvini, l’economista bocconiano, mente fine, apprezzato anche dal Pd. Uscendo dal Colle il Cav lo chiama a sé e scherza: «Giancarlo però mi raccomando i voti dei comunisti no».

Ma questo si vedrà perché se Salvini anche lui all’uscita continua a dire no al Pd e che non si vanno a cercare i voti in parlamento, facendo capire che la sua personale idea è quella di governo di tutto il centrodetra con i Cinque Stelle, Berlusconi alla domanda se accetterà i voti del Pd non risponde no. dice: «L’Italia ha bisogno subito di un governo. Bisogna fare presto». Ma intanto è riuscito il Cav in quello che è stato definito un suo vero capolavoro a far pronunciare a Salvini parole azzurre. Il leader leghista sul Colle non parla di abolizione della legge Fornero, ma di «riforma delle pensioni», non fa il filorusso a oltranza e sulla Siria dice: «No a interventi unilaterali» ma ribadisce «il rispetto dell’alleanza atlantica». E soprattutto richiama allo «spirito di Pratica di mare» e cioè quell’accordo tra Russia e Nato, finora ritenuto il vero capolavoro di politica estera del Cav.

Mentre Salvini lo ricorda Berlusconi annuisce vistosamente e ripete con il labiale. Per tutto il tempo il Cav gli sta a fianco mimando con il segno della mano tutti i punti del programma a cominciare da quella riduzione delle tasse, cavallo di battaglia azzurro, così come «la riforma della giustizia». “Matteo” mette tra i primi punti «il blocco dell’immigrazione clandestina», al primo punto del decalogo leghista. E che la leader di Fratelli d’Italia Meloni mette tra quei «paletti irrrinunciabili che abbiamo indicato al capo dello Stato». Di cui Salvini elogia «saggezza e senso di responsabilità», elogiando al contempo «l’unità invidiata e invidiabile» del centrodestra. «Unità consistente», chiosa Berlusconi. «E’ stata ribadita pari dignità tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia», commenta Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera. La quadra istrionica del Cav è stata il “Matteo- Silvio”.