Trascrizione dell’intervista di Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale al presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin

Presidente Mascherin, è preoccupato di quanto accaduto in questi giorni in merito alla riforma dell’ordinamento penitenziario?

Questa riforma ha subìto e sta subendo tutte le ricadute negative delle tattiche politiche. Prima perché c’erano le elezioni in avvicinamento, adesso, nella fase di formazione del governo, perché strategie legate alla ricerca del consenso continuano a incidere sull’approvazione. Sono deluso da questo atteggiamento della politica che è assolutamente irresponsabile e superficiale. Non si considera innanzitutto il grande lavoro che è stato compiuto da tanti professori universitari, magistrati, politici, avvocati, sociologi, esperti di carcere: un insieme di professionalità che si sono dedicate a questa riforma non per capriccio ma perché lo impone, e non si limita a suggerirlo, la nostra Costituzione, così come lo impongono le istituzioni europee. Non attuare questa riforma significa andare incontro a nuove sanzioni europee che ogni cittadino dovrà contribuire a pagare. Oltre a ciò potrebbero arrivare condanne morali, perché la situazione del sovraffollamento carcerario in Italia sta peggiorando: siamo a circa 7000 detenuti in più rispetto alla capienza regolare. E ancora, abbiamo un non trascurabile numero di bambini detenuti: questa riforma avrebbe aiutato mamme recluse con figli ad evitare di far crescere i loro piccoli in una cella.

Contro tutto questo si muove però l'esercito della paura.

Insensato, perché la riforma è anche uno strumento che favorisce la sicurezza: i dati, non discutibili, del ministero della Giustizia ci segnalano come solamente il 19 per cento di chi è stato ammesso a misure alternative è tornato a delinquere, mentre l’ 80 per cento di chi non ne ha usufruito è tornato a commettere reati. Poi va ricordato che a mantenere le persone detenute siamo noi, con le nostre tasse. Si tratta inoltre di una riforma che alza per molti aspetti l’asticella, nel senso che personalizza molto il percorso di recupero e rende meno scontata la concessione delle misure alternative: che da un lato sono più efficaci proprio perché ritagliate sul soggetto, dall’altro lato risultano più complesse da ottenere. Le revisioni e le aperture riguardano soprattutto i reati minori: più il reato è grave e più è difficile ottenere la misura alternativa. Purtroppo a molti non è chiaro che recuperare un soggetto significa farlo da punto di vista morale ma anche da un punto di vista economico, perché si tratta di soggetti che da passivi o addirittura dannosi per il nostro sistema diventano attivi e produttivi. Non considerare tutto questo, senza aver letto la norma, è politicamente deludente e da irresponsabili. Non pensino poi che questo sia un veicolo per ottenere chissà quale consenso: una grande componente della cittadinanza, quella che frequenta meno i social, è assolutamente consapevole dell’importanza di questa riforma.

Quindi secondo lei l’attuale Parlamento non potrà esimersi dall’affrontare il tema?

Questa materia non è neppure destinata ad arrivare in Parlamento, in Aula. Parliamo semplicemente di un passaggio nelle commissioni competenti, che al momento non si sono ancora costituite. La commissione speciale avrebbe dovuto incardinare la riforma e dare un parere, neppure vincolante, entro 10 giorni. Si tratta di una scelta politica non casuale e può aprire la strada al tentativo da parte del nuovo governo di affossare il provvedimento.

Se lei dovesse trovare un responsabile per tutti questi ritardi, chi indicherebbe?

Il problema è la cultura populista e giustizialista che crea danni difficili da riparare.

Secondo lei il Partito democratico è caduto in questa spirale?

Durante la campagna elettorale tutti i partiti, chi più e chi meno, hanno cercato di assecondare questo clima, quindi tutti hanno la loro parte di responsabilità. Dopo di che il Partito democratico col proprio ministro Orlando che ha promosso la normativa, e ancora prima gli Stati generali sul carcere, ha cercato di portarla avanti. Ha votato a favore della discussione del decreto in commissione Speciale. Se un errore ha commesso, è stato quello di non avere il coraggio di chiudere il cerchio prima del voto, forse temendo delle ripercussioni elettorali. Essendo però il partito che ha promosso la norma francamente non credo che sia il partito responsabile. Comunque auspico che la riforma venga messa in discussione: non sarebbe un ripensamento penalizzante per la politica ma un segno di lucidità ed equilibrio, e se arriverà, ci sarà sicuramente l’appoggio dell’avvocatura

( TRASCRIZIONE A CURA DI VALENTINA STELLA)