Il giudice ha deciso che la scienziata ed ex deputata Ilaria Capua non è stata danneggiata dai servizi dell’Espresso nei quali la si descriveva come una trafficante di virus, e più precisamente come una scienziata corrotta che per fare un po’ di soldi aveva deciso di seminare l’aviaria malattia tremenda e mortale - in giro per il mondo. Per provocare una epidemia, e poi per vendere il suo vaccino. Il giudice ha stabilito che, sebbene un tribunale abbia accertato l’assoluta infondatezza delle accuse, l’Espresso si è limitato ad esercitare il suo diritto di cronaca, e la Capua non ha tanto da lamentarsi. Cioè ha deciso che è diritto di cronaca definire una persona perbene trafficante di virus, e insinuare che si tratti di una stragista assetata di denaro, visto che qualche Pm ha avviato una indagine su questa persona. È legittimo tirare fango su una scienziata

Eche non c’è niente di esagerato se per esprimere questo concetto si adopera una intera copertina di uno dei settimanali più prestigiosi d’Italia, con un titolo a caratteri cubitali che recita così: «Trafficanti di virus». Niente, nessuna diffamazione. E la Capua, anzi - immagino - dovrà pagare anche le spese processuali.

Il magistrato di Velletri che ha scritto questa sentenza, negando il risarcimento alla Capua, sostiene che «Il testo dell’articolo è una fedele ricostruzione delle risultanze investigative acquisite dalla procura della Repubblica di Roma» e che «non è una semplice invettiva personale ai danni della Capua, dato il concreto interesse della collettività a conoscere tale vicenda ad alto impatto sociale».

Provo a tradurre questa frase. Il Gip di Velletri sostiene che le offese alla Capua lanciate dall’Espresso sono solo la conse- guenza di un atto di cronaca. E l’atto di cronaca sarebbe la copiatura di atti di indagine ( segreti) compiuti ( seppure a vanvera) dalla Procura di Roma ( nel 2014); e se poi questi atti di indagine si sono rivelati del tutto infondati, questo non è colpa dei giornalisti che li hanno copiati, perché ai giornalisti non spetta nessun obbligo di verifica, loro devono solo copiare; e per di più il delitto non- commesso dalla Capua era gravissimo, e dunque di grande impatto sociale se fosse stato vero, e il fatto che non fosse vero ( che è l’unico dettaglio sfavorevole per i giornalisti) è ininfluente e comunque non è attribuibile a una responsabilità dei giornalisti. Oh, Kafka, Kafka, neanche tu avresti mai potuto immaginare una situazione del genere!

Dunque in Italia può succedere questo: tu sei una scienziata di grande valore internazionale, e fai tranquillamente il tuo lavoro. Un giorno compri l’Espresso e trovi una copertina in cui si sostiene che invece tu sei una delle peggiori criminali in circolazione sul territorio italiano e anche su quello americano. La magistratura accerta che le accuse sono del tutto infondate. Tu hai perso reputazione, nervi, salute e persino un seggio al Parlamento, ma non hai diritto a nessun risarcimento. Perché non hai diritto a nessun risarcimento? A me, personalmente, è successo di dover risarcire ( con tantissimi quattrini) per molto meno. Un quinto del mio stipendio se lo prendono due giudici milanesi ( e se lo prenderanno, credo, fino alla mia morte) perché ho scritto una volta che una certa loro sentenza ( successivamente ritenuta sbagliata dalla Corte d’appello e dalla Cassazione) era una sentenza di tipo fascista. ( Scrivevo fascista perché eliminava dalla lotta politica il capo di quello che allora era il principale partito dell’opposizione). Magari io avrò esagerato nel giudizio, ma comunque mi sono limitato ad esprimere un giudizio politico, personale, su un atto pubblico e usando una parola ( fascista) che fa parte del gergo politico e non nel vocabolario criminale, e che era attribuita a un atto e non a una persona. Eppure sono stato condannato. Mi sapete spiegare perchè invece se avessi detto alla Capua che era una stragista avrei semplicemente usato, coraggiosamente, il diritto di cronaca?

Mi interessano queste riflessioni per il futuro. Il sindacato dei giornalisti, giustamente, si batte contro l’uso della querela ai giornalisti come strumento di intimidazione da parte del potere. E’ vero, succede spesso così. Talvolta sono i politici a usare la querela in questo modo, più spesso - e con molto più grande effetto - sono i magistrati.

Questa battaglia del sindacato contro la “querela facile” è una battaglia dignitosa e giusta solo se accompagnata da una battaglia contro il fango e le calunnie. Non possiamo, noi giornalisti, lottare contro le sopraffazioni della politica ( o della magistratura, o della finanza) e poi pretendere che le nostre sopraffazioni siano considerate non ignominia ma merito. E non possiamo immaginare che libera informazione significhi libertà di calunnia a danno dei cittadini. Qualunque battaglia contro le querele temerarie passa per un recupero della nostra moralità di professionisti. E non vedo molta moralità nel calunniare una scienziata e poi neanche chiederle scusa, e infine - grazie al potere di condizionamento che siamo in grado di esercitare sulla magistratura amica - neppure pagargli i danni! P. S. Massimo D’Alema fu sanzionato dall’Ordine dei giornalisti solo per avere mandato a “farsi fottere” il collega Sallusti. Antonella Piperno fu sanzionata per avere parlato male della collega Luisa Busi. Non mi risulta che ci siano sanzioni dell’Ordine verso i colleghi dell’Espresso. Cioè, spiegatemi bene: un giornalista viene sanzionato solo se danneggia un altro giornalista?

P. S. 2 - Non vorrei, con questo Ps, critico verso i giornalisti, essermi guadagnato io una sanzione...