La linea della fermezza, o altrimenti detta tra i berlusconiani doc “linea- Letta”, perché un ruolo decisivo lo avrebbe avuto Gianni Letta, lo storico braccio destro del Cav, produce il primo risultato: Matteo Salvini non si sgancia da Silvio Berlusconi per un pericoloso abbraccio solitario con Luigi Di Maio. I Cinque Stelle non la hanno vinta. «E’ stato stoppato il gioco di chi voleva dividere il centrodestra», dicono dalle parti di Arcore. Berlusconi salirà al Colle la prossima settimana per il secondo giro di consultazioni insieme con il leader leghista e Giorgia Meloni presidente di Fratelli d’Italia. Insomma, centrodestra al Quirinale unito ( proposta fatta per prima da Meloni e poi ripresa da Salvini) e soprattutto con “Silvio” che ribadisce così la propria centralità.

Anche sul piano dell’immagine plastica. Evidente messaggio a Luigi Di Maio: da Berlusconi, tutt’altro che in un angolo, non si prescinde. La “zampata” data dal Cav, che l’altro ieri al Colle ha sparigliato attaccando a testa bassa i grillini «pauperisti, giu- e populisti», ha posto un alto là non solo ai veti pentastellati sulla sua persona e su Forza Italia, ma anche al leader leghista messo di fatto al bivio con un messaggio del tipo: o loro o me. E la linea della fermezza, o dell’orgoglio azzurro, alla fine ha prodotto il ricompattamento della coalizione. il leader leghista ora per la formazione di un governo parla di «dialogo tra centrodestra unito e Cinque Stelle». Come dire, insomma, a Di Maio: non solo con me, ma anche con “Silvio” ti dovrai confrontare. E Di Maio si arrabbia e ripone un aut- aut a Salvini.

Già ieri mattina, sbollita l’ira leghista per lo spariglio di Berlusconi, il vice di Salvini, Giancarlo Giorgetti ( che nella tarda serata di ieri aveva già ripreso il suo ruolo storico di pontiere tra Via Bellerio e Arcore), pur tenendo il punto sull’ «errore tattico di Berlusconi», a Di Maio diceva: «Basta veti, non entreremo al governo senza Fi». Sottolineava il capogruppo leghista a Montecitorio: «I cinque milioni di voti di Forza Italia non sono né infetti né maleodoranti, Di Maio non può chiudere loro la porta in faccia».

Gli replicano gli azzurri Renato Schifani, ex presidente del Senato, e Simone Furlan dell’ufficio di presidenza: «Nessun errore tattico, Giorgetti sottovaluta Silvio». La prima a proporre all’uscita dalle consultazioni al Quirinale che la delegazione di centrodestra tornasse unita è stata Meloni, poi ieri Salvini, dopo l’ennesimo rischio di rottura con il fondatore del centrodestra, senza il quale si troverebbe da solo con il suo 17 per cento a fare lo junior partner di Di Maio, ha proposto a sua volta di tornare “uniti” da Sergio Mattarella. Infine, dopo una telefonata del leader leghista che avrebbe detto: «Caro Silvio, non ci possono dividere», a stretto giro di posta il Cav ha annunciato lui stesso in una nota che al Colle «alle prossime consultazioni il centrodestra si presenterà unito con Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi». Una nota scritta di suo pugno, evidentemente per dimostrare che decide alla fine lui e, nonostante i 3 punti del sorpasso della Lega su Fi, lui resta il fondatore e “il regista” del centrodestra.

E comunque il leader del “centro” della coalizione. Giovanni Toti, il governatore ligure ritenuto il capo dei filo- leghisti azzurri, assertore da sempre della necessità di “un partito unico”, smentisce seccamente: «Nessuna fronda» filo- leghista dentro Forza Italia.

Due azzurri ortodossi della prima ora come Massimo Palmizio, coordinatore emiliano, cofondatore di Forza Italia, e la ex vicecapogruppo al Senato Paola Pelino, non più ora in parlamento, ma sempre molto vicini a Berlusconi, fanno notare a Il Dubbio che «Berlusconi si è così rimesso al centro dei giochi». Osserva Palmizio: «Prova ne è il fatto che senza Berlusconi si blocca tutto e non è possibile alcun accordo per nessun governo». Pelino: «Il risultato è che con Berlusconi il centrodestra è tornato monolitico». Il senatore Maurizio Gasparri, big forzista, e la capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini plaudono alla conclusione positiva dell’ennesima alta tensione tra Salvini e il Cav. Fabio Rampelli, capogruppo di FdI alla Camera ricorda che «Meloni ha tenuto unito il centrodestra».

Che però ora quando tornerà al Colle con i suoi leader dovrà trovare la quadra per concordare le cose da dire a Sergio Mattarella, concordare l’aggiornamento del programma, che non è esattamente identico tra l’euroscettico Salvini e l’euro- garante Berlusconi. Ma, intanto, il primo passo è stato fatto. E qualcuno ricorda la volta in cui Berlusconi rovesciò il tavolo della Bicamerale per impedire che si facesse un accordo, con lui nel ruolo di comparsa, tra Massimo D’Alema e Gianfranco Fini. Da lì Berlusconi ripartì per la traversata del deserto che lo avrebbe riportato a Palazzo Chigi. Sono passati vent’anni, i rapporti di forza tra Lega e Fi sono cambiati, ma che la natura del vecchio leone sia rimasta la stessa, «forse la Lega che lo conosce bene lo avrebbe dovuto mettere nel conto», chiosano i sostenitori della “linea- Letta”.