Doppio appuntamento, il 6 aprile, a Napoli con la rassegna  Astradoc - Viaggio nel cinema del reale, curata da Antonio Borrelli, per la presentazione  di due eccellenti film documentari sulla città. Si parte con Luci sulla frontiera" della giornalista Ilaria Urbani che, accompagnata dalla voce narrante di Roberto Saviano, racconta dei sacerdoti di frontiera: preti che scelgono di stare accanto agli ultimi sia nel centro delle città che, soprattutto, nelle periferie. si prosegue con  je so pazzo di Andrea Canova che narra la storia e la rinascita dellex opg ( ospedale psichiatrico giudiziario) di SantEframo: un luogo storico di Napoli dotato di una straordinaria forza magnetica, che si trasforma dalla sua originaria destinazione per diventare un centro multifunzionale.  Viene così offerta l'occasione di cogliere i mille volti di un città in divenire attraverso il racconto di tanti ospiti, registi, protagonisti, da Alessandra Clemente, Assessore ai giovani e alle politiche giovanili del Comune di Napoli, e da Antonio DAmore, Referente di Libera Napoli. Linizio è previsto alle 19,30, al cinema Astra, con la proiezione del primo lungometraggio "Luci sulla frontiera" E la regista Ilaria Urbani che raccoglie la testimonianza dei preti di strada i quali, in nome dellumanità e della fede, spiegano che unaltra chiesa è possibile. Eccoli nella loro quotidianità lavorare e stare accanto ai diseredati, ai più deboli, ai carcerati, agli emarginati, nelle periferie come nel centro della città. Cè l'esperienza di Don Franco Esposito tra i detenuti e le loro famiglie del carcere di Poggioreale, il più sovrappopolato d'Europa; di Padre Antonio Loffredo tra i giovani del rione Sanità che, grazie alla cultura e ai monumenti, si inventano un futuro dove la camorra non deve trovare posto; di Don Gaetano Romano a San Giovanni a Teduccio, ex quartiere industriale a Napoli est, ancora oggi in cerca di riscatto e di riqualificazione urbana, che crea opportunità per la formazione dei figli dei più poveri. E ancora: di Don Felix Ngolo, africano, che si occupa dei ragazzi della baraccopoli di amianto ai margini dellantica Puteoli; di Padre Domenico Pizzuti che costruisce percorsi dintegrazione a Scampia, il quartiere che in passato è stato teatro delle faide di camorra, e dove oggi si possono contare tante associazioni culturali e sociali. Limpegno del gesuita Pizzuti è rivolto anche alla comunità rom, perennemente in cerca di sistemazione.  Come in molti Sud del mondo, nelle periferie di Napoli i preti di frontiera "cercano e riconoscono chi e cosa dice Ilaria Urbani - in mezzo allinferno, non è inferno, e lo fanno durare, gli danno spazio". I missionari metropolitani operano in territori diventati spesso invisibili allo Stato e alle classi dirigenti. Alle 21,30 sarà la volta invece del regista Andrea Canova che presenterà il suo Je so pazzo. Dalla memoria frammentata, dimenticata di un luogo storico come il monastero seicentesco di Sant'Eframo, e da quel senso di vuoto, di oblìo e di silenzio inaccettabile, nasce il bisogno di narrare questo luogo, la sua storia e l'inizio della sua trasformazione, e di farne un film. Dalle ceneri di un incendio, che lo distrusse quasi completamente, fu trasformato in una caserma, poi in un carcere ed infine, durante il fascismo, divenne un manicomio criminale. Nel 1975, con la riforma del sistema penitenziario, cambiò solo il nome in Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG), ma già nel 2000 fu ritenuto inagibile e venne lentamente svuotato fino alla chiusura definitiva del 2008. Grazie al racconto e alla testimonianza di Michele, che lì ha vissuto per tanti anni, si dipana il documentario in cui si aggiungono le immagini ed i suoni del presente. Infatti, dal 2015, il luogo è stato riaperto da un collettivo studentesco e dagli abitanti del quartiere Materdei. Scorrono le immagini di ragazzini che giocano a calcetto e delle voci, dei volti di tanti gruppi di persone, di età e di provenienze diverse, che riempiono gli spazi in continua trasformazione di un luogo che sembrava destinato al silenzio e al degrado, e che invece è pieno di attività e di nuovi abitanti che lo attraversano, curandolo, tutti i giorni.  Il film osserva e racconta il luogo e la sua trasformazione nel tempo - scrive Canova - l'occhio della telecamera si muove come il vento, lungo i corridoi, verso le ore d'aria, dentro e fuori le celle, cercando di cogliere i momenti più significativi di una stagione di cambiamento, i suoi significati più profondi e metaforici, universali, che emergono dal forte contrasto tra reclusione e libertà, tra perdita della memoria e ricostruzione collettiva dell'identità di un luogo, e della sua memoria, che oggi appartiene a tutti. I luoghi sono contenitori di sogni, di ricordi, d'immaginari intimi e collettivi.