Si chiamava Linda Brown, era una signora nera, molto intelligente e molto discreta, aveva 75 anni. E’ morta ieri per un infarto. Oggi ci saranno i funerali e per partecipare ai funerali verrà gente da tutta l’America. Forse ci sarà anche Obama.

Linda era nata durante la seconda guerra mondiale in una cittadina del Kansas. Topeka, nome indiano un po’ buffo. Nella lingua dei pellirosse vuol dire luogo dove crescono le patate. Come se noi dicessimo “patatilandia”.

Suo padre era un contadino, si chiamava Oliver, sua madre era Leola. Oliver era un tipo combattivo e forse nella storia degli Stati Uniti conta più lui di tanti presidenti, tipo Bush, o Carter, o Ford, per citare i più recenti.

Forse lui, e sua figlia, hanno contato anche più di Obama. Ora vediamo perché.

La storia inizia nell’agosto del 1953, quando Linda doveva andare alle scuole medie. C’era una scuola media vicino a casa sua, ma era solo per bianchi. E allora Oliver dovette iscrivere Linda a una scuola per neri, che però era a molti chilometri da casa. Bisognava fare un lungo tratto a piedi, nei campi, e poi prendere un autobus. Linda qualche anno fa, in un’intervista, ha raccontato che ogni volta era un’avventura. E che quando venne l’inverno lei moriva di freddo. Le lacrime che le scendevano sulla faccia e poi si gelavano, perché le veniva da piangere.

Allora il papà di Linda decise di ricorrere alla legge. Perché a lui, sulla base del ragionamento, sembrava assurdo che i bambini neri avessero meno diritti dei bianchi. E però nella grande America degli anni cinquanta era così. La parola d’ordine era: “prima i bianchi…” Oliver presentò l’esposto alla Corte distrettuale. Disse: esiste il quattordicesimo emendamento alla Costituzione che prevede l’uguaglianza dei diritti. Dov’è l’uguaglianza se le scuole sono segregate?

La Corte rispose che esisteva già una sentenza della Corte suprema del 1896 ( Plessy vs Ferguson), chiamata la sentenza “ separati ma uguali”, la quale stabilisce che l’uguaglianza dei diritti non confligge con la segregazione. Si possono esercitare gli stessi diritti - dice la Corte - in due luoghi ( e dunque in due scuole) diversi e lontani.

Oliver non ci sta. Ricorre alla Corte suprema. E qui avviene il miracolo. Il 17 maggio del 1954, lunedì, la Corte suprema emette la celebre sentenza Brown vs Board of education.

Dice: la segregazione è anticostituzionale. La sentenza è votata all’unanimità e cambia la storia degli degli Stati Uniti. Inizia esattamente quel giorno la riscossa dei neri.

Se leggete i giornali dell’epoca vi accorgete subito che il 1954 fu un anno di svolta. Esattamente un mese dopo la sentenza Brown, il Senato degli Stati uniti si riunisce per votare su una mozione di censura presentata da un senatore democratico ( Ralph Flanders) contro un senatore repubblicano che si chiamava Joseph McCarthy. Il quale McCarthy era l’uomo che quattro anni prima, con un discorso pronunciato al circolo delle donne di Wheeling ( Virginia) aveva denunciato la presenza dei comunisti al dipartimento di Stato, a Hollywood, nei giornali e nelle università e aveva preso in mano la commissione contro le attività antiamericane che istruì processi a valanga contro politici, intellettuali, registi, attori, giornalisti. L’America attraversò in quel quadriennio il periodo più buio e reazionario della sua storia. Eleonora Roosevelt, la vedova del più potente tra i presidenti degli Stati Uniti, definì il maccartismo “il fascismo americano”.

Bene, il 18 giugno del 1954 il Senato votò la mozione di censura contro McCarthy e la mozione fu approvata con 78 voti contro 22. Quel giorno iniziarono gli anni sessanta e iniziò a spuntare la primavera kennediana che sarebbe stata poi certificata dalla vittoria di Jfk nel novembre di sei anni dopo.

Intanto la lotta contro il razzismo e per i diritti civili stava dilagando. L’anno dopo la vittoria dei Brown in Kansas, esplose l’Alabama. Sempre una donna ad accendere la miccia. Stavolta una donna adulta, Rosa Parks, 42 anni. In Alabama, nonostante la sentenza Brown, gli autobus pubblici erano ancora segregati. Perché in realtà la sentenza Brown riguardava solo la scuola. Diceva: « Nel campo dell’educazione la vecchia sentenza del 1896 “separati ma uguali” non vale, perché, nel campo dell’educazione, separazione equivale a discriminazione ». Ma negli autobus - sostenevano i governanti degli Stati del Sud - non si fa educazione. E perciò c’era un settore per soli bianchi, e cioè i sedili davanti, poi un settore misto, e in fondo un settore per soli neri. Nel settore misto i neri potevano sedere, ma se un bianco ti chiedeva il posto dovevi umilmente cederlo. Il primo dicembre del 1955 alcuni studenti chiesero a Rosa di cedergli il posto nella zona mista. Rosa - spiegherà più tardi - era stanchissima, non gli andava di viaggiare in piedi, e disse di no. Gli studenti erano meravigliatissimi, non gli era mai successa una cosa del genere. Intervenne il conducente, ma Rosa restò lì, ferma e spavalda. Venne la polizia, la arrestò.

Eravamo a Montgomery, capitale dell’Alabama. La notizia uscì su tutti i giornali. Il giorno dopo dalla Georgia arrivò un reverendo già abbastanza noto, ma non ancora famosissimo. Si chiamava Luther King jr. In due giorni riuscì a organizzare una vera e propria rivolta. Convinse i neri a boicottare gli autobus. Non qualche nero: i neri. Tutti. Il boicottaggio fu completo, i neri si organizzarono con auto e pulmini privati, le autorità cercarono in ogni modo di far saltare tutto, arrestarono King e molti altri, ma non ottennero niente. King fu liberato dopo qualche settimana. Anche Rosa. Il boicottaggio durò un anno. La compagnia dei bus stava fallendo. Il 13 novembre del 1956 la Corte suprema estese la sentenza Brown ai trasporti. I bianchi fremettero di rabbia. Il governatore James Folsom non la prese bene.

Folsom era un democratico, come gran parte dei governatori degli Stati del Sud. Il Presidente degli Stati Uniti invece era repubblicano, era il generale Dwight Eisenhower. Allora, negli Stati del Sud, i repubblicani ( figli di Lincoln) erano molto più avanzati dei democratici, che invece si portavano addosso un po’ di eredità del Ku Klux Klan. Folsom tre anni più tardi ebbe una certa fama internazionale quando esplose il caso Wilson. Anche Wilson era un nero. Un contadino analfabeta che aveva rapinato una signora anziana e gli aveva portato via un po’ meno di due dollari. Fu condannato a morte da una giuria tutta di bianchi. A morte. Si scatentò la protesta nel mondo intero. Eisenhower chiese a Folsom di intervenire, di dare la grazia. Folsom scelse una via di mezzo: commutò la pena in ergastolo. Ai bianchi non bastò: protestarono, lo accusarono di essersi piegato alla lobby comunista. La lotta dei neri andò avanti ancora per molti anni. Con grandi episodi collettivi ed episodi individuali.

Nel ‘ 61, per esempio, uno studente nero che si chiama James Meredith andò ad iscriversi all’università del Mississippi ma lo cacciarono via perché dissero che l’università era per soli bianchi. Il governatore, un certo Ross Barnett, anche lui democratico di provata fede, disse che finché lui fosse rimasto vivo nessun nero sarebbe andato all’università. Meredith presentò un ricorso dopo l’altro, e vinse sempre. Per due anni di seguito. I ricorsi si basavano proprio sulla famosa sentenza Brown Vs board of education. Alla fine ci fu la sentenza definitiva della Corte suprema. Pro- Meredith. Barnett allora prese un fucile e si piazzò con un po’ di amici e con la polizia statale davanti all’ingresso dell’Università. James si presentò, tentò di entrare e fu respinto. La mattina dopo si ripresentò, ma stavolta non era solo: Bob Kennedy, che era ministro della giustizia, aveva mandato la guardia nazionale. Ci furono degli scontri molto aspri tra i razzisti e i soldati di Kennedy. Due morti. Meredith entrò e si iscrisse, Barnett perse.

Eravamo nel 1963. Qualche mese dopo John Kennedy fu ucciso. Due anni più tardi, sotto la presidenza di Lyndon Johnson, fu approvata la legge sui diritti civili che spazzava via il razzismo.

Jeff Colyer, che oggi è governatore del Kansas e che è nato sei anni dopo la sentenza Brown, ha dichiarato: «Il caso Brown è stato una pietra miliare nella storia dell’America».

Non so se il razzismo, in Occidente, è stato sconfitto. Negli Usa, per esempio, in Italia, per esempio. Non so. Però so che ha ragione Colyer. Dobbiamo molto a quella ragazzina.