E dire che nelle ultime settimane aveva moltiplicato le apparizioni pubbliche, spuntava come un fungo nei talk show, occhieggiava in tv in una campagna contro i tumori dell’infanzia di cui è il principale testimonial: «Sta tornando» giuravano nel suo entourage tradendo una certa eccitazione. Sconfitto dal socialista Hollande alle presidenziali del 2012, sconfitto da Fillon alle primarie della destra del 2016, Nicolas Sarkozy confidava in un ennesimo ritorno sulla scena politica. Sarebbe nel suo stile.

Da ieri è invece ricaduto nel gorgo delle inchieste che lo inseguono da almeno un ventennio. Un’odissea giudiziaria che nel corso degli anni si è arricchita di nuovi successivi capitoli anche nessun tribunale ha mai emesso una condanna nei suoi confronti. «Sono un perseguitato», giura Sarko, parlando di gogne mediatiche e di malafede da parte dei magistrati. Magari persecuzione è una parola grossa, di sicuro però l’ex inquilino dell’Eliseo è stato oggetto di attenzioni particolari e di metodi a dir poco teppistici da parte della magistratura.

L’episodio più grave fu l’intercettazione avvenuta nel 2014 del suo avvocato Thierry Herzog, una violazione flagrante della legge francese che vieta in modo assoluto di intercettare il legale di un imputato salvo in casi di terrorismo e di sicurezza nazionale e che getta una luce sinistra su tutta la vicenda. Fu in quell’occasione che Sarko subì il suo primo fermo giudiziario ( non era mai accaduto a un ex presidente), torchiato dai mastini della procura di Parigi per 15 ore prima di venire rilasciato e rinviato a giudizio per corruzione attiva, traffico d’influenza attivo e violazione del segreto professionale. D’altra parte l’inchiesta, oltre ad essere viziata dall’uso illegale degli ascolti telefonici, seguiva un teorema accusatorio molto fragile. Sarkozy era sospettato di aver ottenuto tramite l’intercessione di Herzog informazioni riservate da Gilbert Azibert un giudice della Corte di cassazione che stava indagando sull’affaire Bettencourt ( un altro caso giudiziario in cui venne scagionato dall’accusa di “circonvenzione di incapace” nei confronti di Liliane Betencout, 90enne proprietaria dell’azienda di cosmetici L’Oréal), in cambio avrebbe promesso a Azibert un posto di prestigio alla procura di Monaco. Il problema è che Azibert non ha mai ottenuto quella promozione e alla fine l’ipotesi dei giudici si è sgonfiata come un soufflé e nel 2016 la Corte di appello di Parigi ha stralciato decine di atti dell’inchiesta. Nel febbraio 2017 è stato invece rinviato a giudizio per finanziamenti illegali alla campagna elettorale del 2012, quella che perse rovinosamente contro il poco carismatico Hollande, per aver sforato il tetto delle spese: 42 milioni di euro contro i 22,5 consentiti dalla legge. L’inchiesta che coinvolge altre 13 personalità è nota come «affaire Bygmalion», dal nome della società di comunicazione Bygmalion, che avrebbe emesso fatture false a carico del partito post- gollista di Sarkozy, l’Ump ( Unione per un movimento popolare) che oggi ha cambiato nome in Les Républicain.

Ritornando ancora sulla sventurata campagna presidenziale di sei anni fa un’ulteriore indagine dei giudici ha messo in evidenza come l’Eliseo avesse commissionato sondaggi senza gara d’appalto, un reato che ha portato il rinvio a giudizio del suo ex consigliere Patrick Buisson, che avrebbe tratto personalmente vantaggio economico dalla vendita dei sondaggi, l’ex capo di gabinetto Emmanuelle Mignon e l’ex ministro dell’Interno il fedelissimo Claude Guèant, coinvolto anche nell’inchiesta sui fondi libici per la quale Sarzozy è attualmente in stato di fermo giudiziario.

C’è poi la vicenda dei voli su jet privati fatturati alla società Lov Group di Stèphane Courbit, un amico personale di Sarko. Voli per viaggi di piacere a Doha, negli Stati Uniti e a Abu Dhabi, costati circa 300 mila euro. Anche in questo caso, dopo l’iniziale clamore mediatico e i titoloni sui giornali, i magistrati sono stati costretti a prosciogliere l’ex presidente, stabilendo il non luogo a procedere.

L’ex presidente è inguaiato anche per una sentenza di arbitrato giuridico che avrebbe favorito l’imprenditore Bertrand Tapie nel 2008, il quale ha ottenuto circa 400 milioni di euro dalla banca Crédit Lyonnais in un contenzioso che riguardava la vendita dell’Adidas: Sarkozy che all’epoca era Capo di Stato è sospettato dai magistrati di aver favorito l’amico Tapie in cambio di sostegno politico. Anche se l’accusa non fu mai provata ( peraltro Tapie è storicamente vicino ai socialisti per i quali è stato anche eurodeputato), l’arbitrato venne annullato e l’ex ministra dell’economia e attuale presidente del Fmi Christine Lagarde rinviata a giudizio per «negligenza». In quel caso Sarko non fu ascoltato nemmeno come testimone.

Infine, anche se si tratta della prima inchiesta in ordine cronologico, bisogna ricordare il caso Karachi, che riguarda contratti firmati dal governo di Edouard Balladur con Arabia Saudita e Pakistan nel 1995 per la fornitura di fregate e sommergibili militari. All’epoca Sarkozy era ministro del Bilancio del governo Balladur, e venne ascoltato dai giudici come “testimone assistito”. Balladur e l’ex ministro della Difesa François Léotard sono stati rinviati a giudizio nel maggio 2017. Nei confrointi di Sarkozy non è invece venuta fuori nessuna responsabilità diretta. Come sempre fino ad oggi.