Un rimborso spese non dovuto ed una indennità di risultato “autoassegnata”, complessivamente 150mila euro. E’ questa la somma sequestrata ieri mattina dalla guardia di finanza di Palermo, su ordine del gip del capoluogo siciliano Marcella Ferrara, ad Antonio Ingroia.

L’ex aggiunto di Palermo, ora avvocato, è accusato di peculato. Per il procuratore Francesco Lo Voi, l’aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Pierangelo Padova ed Enrico Bologna, in qualità di ad di Sicilia e- servizi, la partecipata si- ciliana competente per la digitalizzazione, Ingroia avrebbe potuto ottenere solo il rimborso dei biglietti aerei nelle trasferte da Roma ( sua nuova residenza) verso la Sicilia. Nulla, invece, era dovuto per gli alberghi a cinque stelle: dal Grand hotel Villa Igea, all’Excelsior, al Centrale Palace hotel dove l’ex pm antimafia era solito soggiornare. E lo stesso per i pranzi e le cene al ristorante dello chef Natale Giunta e in alcune prestigiosi ristoranti palermitani.

L’indagine è nata dopo la pubblicazione di un articolo sul settimanale L’Espresso che nel febbraio 2015 dava conto dei rimborsi di Ingroia e titolava: “Servizi e imbarazzi”. La Corte dei Conti aveva chiesto gli atti a Palazzo dei Normanni, per poi trasmetterli alla Procura di Palermo. Ingroia era stato nominato dal governatore Rosario Crocetta nel 2014. “Vittima” dello spoil system, aveva cessato l’incarico con l’elezione del presidente Nello Musumeci.

Interrogato dai suoi ex colleghi lo scorso anno, aveva rivendicato di avere rimesso in sesto un’azienda pubblica prossima al default. «E’ la legge a prevedere riconoscimenti agli amministratori in caso di raggiungimento di determinati obiettivi», aveva dichiarato. Secondo l’accusa invece, “Sicilia e- servizi”, ora “Sicilia Digitale spa, non ha avuto alcun risultato in questi anni, anzi, la maxi- indennità di Ingroia avrebbe addirittura determinato un deficit di bilancio. I pm palermitani ricordano che l’indennità di risultato ha una nuova disciplina dal 2008: prevede la liquidazione delle somme «solo in presenza di utili e comunque in misura non superiore al doppio del cosiddetto compenso omnicomprensivo». All’epoca questo compenso era di 50 mila euro.

«Ho appreso dalla stampa del provvedimento emesso nei miei confronti – ha commentato a caldo Ingroia - prima ancora che mi venisse notificato. Comunque ho la coscienza a posto perché so di avere sempre rispettato la legge, come ho già chiarito un anno fa e come dimostrerò nelle sedi competenti. La verità è che ho denunciato sprechi per centinaia di milioni di euro, soldi che solo io ho fatto risparmiare, e invece sono accusato per una vicenda relativa alla mia legittima retribuzione, dimostrerò come stanno le cose». «Intanto - prosegue - continuo il mio lavoro di avvocato sempre con lo stesso impegno e nella stessa direzione: attualmente sono legale di parte civile, a Reggio Calabria, delle famiglie dei carabinieri Fava e Garofalo uccisi nel 1994 dalla mafia e dalla ‘ ndrangheta, una vicenda collegata con la trattativa Statomafia» . Ingroia, come si ricorderà, si era dedicato nei mesi scorsi alla politica, la sua passione, con la sua “Lista del popolo per la Costituzione”, il movimento fondato insieme a Giulietto Chiesa, che però ha avuto alle recenti elezioni un deludente 0,02 per cento. Un secondo flop dopo quello di Rivoluzione civile del 2013.