Il pubblico ministero di Roma Attilio Pisani ha chiesto l’archiviazione per l’esposto che chiede di individuare i responsabili dell’illegittima permanenza in carcere di Valerio Guerrieri, il ragazzo di 22 anni che si è suicidato il 24 febbraio del 2017 presso la Casa circondariale di Regina Coeli. Rimane in campo solo un procedimento penale, quella aperto sempre dallo stesso Pm nei confronti di due agenti penitenziari che si alternavano nei turni di sorveglianza e i medici di Regina Coeli responsabili di aver stabilito la frequenza dei controlli. Per Guerrieri era stato disposto il regime di «grande sorveglianza», che presuppone controlli ogni 15 minuti, mentre più appropriato, data la perizia che recitava «alto rischio di togliersi la vita, attenzione psichiatrica maggiore possibile», sarebbe stata, secondo il pm, la sorveglianza speciale, ossia il detenuto andava tenuto costantemente a vista. Ma anche i controlli più diradati sarebbero stati inevasi, dato che già la sera prima del suicidio i compagni di cella avevano segnalato come Valerio stesse «preparando qualcosa». Eppure, secondo il presidente di Antigone Patrizio Gonnella questa indagine non tiene conto dell’elemento principale: ovvero se Valerio Guerrieri si dovesse trovare in carcere o meno. Infatti, da quando si evidenzia dall’esposto – ieri archiviato - presentato dall’avvocata Simona Filippi, il ragazzo era in una situazione di detenzione illegale. L’esposto ricostruisce molto dettagliatamente la vicenda. Da premettere che Valerio Guerrieri presentava dei problemi psichiatrici. Il 2 settembre 2016 Valerio Guerrieri viene arrestato in flagranza di reato per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato, reato compiuto a causa della sua patologia. Il procedimento penale in cui Guerrieri era imputato si era concluso il14 febbraio 2017, davanti alla giudice Pazienza del Tribunale di Roma, con l’emissione della seguente sentenza di condanna: «Visti gli artt. 533- 535 C. P. P. Dichiara Guerrieri Valerio colpevole dei reati ascritti […] lo condanna alla pena di quattro mesi di reclusione” e “dispone la misura di sicurezza con assegnazione in regime residenziale in una casa di cura per la durata di mesi sei, con revoca della misura cautelare della custodia cautelare in carcere”, specificando a penna la “esclusione della Rems di Ceccano ( eventualmente Rems di Sollicciano)».

Quindi Guerrieri doveva essere rimesso in libertà in quanto la misura cautelare era stata revocata. Inoltre viene riconosciuto a Valerio un vizio parziale di mente, sulla base delle conclusioni avanzate dal perito del Tribunale che, nella stessa udienza del 14 febbraio chiariva come fosse presente «un rischio suicidario non basso, quindi non trascurabile» e come questo fosse «un altro elemento che va ovviamente soppesato dal punto di vista trattamentale». Dunque già mesi e mesi prima del suicidio si constatava un grave malessere e un rischio che potesse suicidarsi. Come se non bastasse, la difesa ricorda anche un altro precedente: ovvero che, in quello stesso procedimento penale, a Valerio Guerrieri era stata già revocata un’altra volta la misura della custodia cautelare in carcere e anche in quel caso il provvedimento non era stato eseguito. Valerio Guerrieri dunque per due volte resta in carcere senza titolo legale.

Ripercorriamo la prima detenzione illegittima. Il giorno dopo l’arresto in flagranza di reato, veniva applicata a Valerio Guerrieri la misura cautelare in carcere in quanto l’abitazione dei genitori, indicata come domicilio ai fini della esecuzione degli arresti domiciliari, veniva valutata inidonea. Il 25 ottobre del 2016, il Giudice ha modificato questa misura disponendo gli arresti domiciliari presso l’abitazione dei genitori. Questa ordinanza non veniva però eseguita per cui Valerio Guerrieri rimaneva in carcere senza alcun titolo. Questa circostanza, tra l’altro, viene evidenziata dallo stesso Giudice procedente nell’ordinanza di sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, dove evidenzia che la misura degli arresti domiciliari non erano stati «mai eseguiti». Durante il periodo in cui si è svolto il processo, Valerio era stato sottoposto alla misura di sicurezza in una Rems con la sentenza del 9 marzo del 2015, emessa dalla Corte di Appello di Roma, sezione II penale. Nello specifico, con questa sentenza, la Corte di Appello, in riforma della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Roma, ha assolto Valerio Guerrieri per incapacità di intendere e di volere ed ha applicato la misura di sicurezza del ricovero presso una struttura residenziale Rems. Ma per ben due volte Valerio finisce illegittimamente in carcere. Alla data del 24 febbraio 2017, giorno in cui si è tolto la vita impiccandosi, non doveva essere detenuto a Regina Coeli. Motivo per cui, l’avvocata Simona Filippi, incaricata dalla madre del ragazzo ha chiesto alla Procura della Repubblica di Roma di indagare individuando possibili profili di responsabilità in merito alla illegittima detenzione. Però ieri il Pm Pisani ha fatto richiesta di archiviazione. Secondo il procuratore non c’è alcuna responsabilità penale circa la detenzione visto che la direzione del carcere era in attesa con tanto di sollecitazione tramite posta elettronica - che ci fossero posti disponibili presso le Rems. L’associazione Antigone – che ha seguito fin dall’inizio questo caso, portandolo anche all’attenzione del Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura – farà opposizione. Casi come quelli di Valerio Guerrieri non sono rari. Come già denunciò a IL Dubbio il garante regionale dei detenuti Stefano Anastasìa, «troppi internati non realmente pericolosi affollano le Rems e alimentano le liste d’attesa, fino all’abuso del trattenimento senza titolo in carcere». Forse per il caso Guerrieri fa più comodo procedere contro la mancata sorveglianza in carcere, anziché aprire un procedimento sull’illegittima detenzione. In quest’ultimo caso si aprirebbe un vaso di pandora che coinvolgerebbe diversi fattori: dai magistrati che abusano troppo del ricovero nelle rems, invece che predisporre percorsi di terapia alternativi con i servizi sanitari e sociali del territorio, all’inerzia dei servizi territoriali stessi fino al sequestro in carcere di persone che legalmente non ci dovrebbero assolutamente stare. Ma la responsabilità qualcuno se la deve pur prendere, affinché si evitino altre tragedie come quelle che hanno riguardato Valerio. Un caso simile, a rischio di finire in tragedia, riguarda un altro ragazzo. È sempre Antigone a sollevare il problema. Il ragazzo, affetto da epilessia cronica e schizofrenia paranoide con tendenze suicide è recluso nella Casa di lavoro di Vasto. Anche in questo caso il magistrato di sorveglianza aveva disposto il ricovero in una Rems, ma è tuttora incarcerato.