E' persino difficile cogliere fino in fondo il valore dell’evento. Anche se il presidente del Consiglio nazionale forense lo rende esplicito da subito: «Il tavolo dei relatori è di spessore talmente elevato che abbiamo temuto di eccedere». È una battuta, ma le vertigini sono giustificate: alla presentazione del li bro con cui Giovanni Maria Flick rende omaggio e valore ai settant’anni della nostra Carta, intitolato Elogio della Costituzione, ci sono tutte le più alte autorità del diritto del Paese. Dal punto di vista della giurisdizione, innanzitutto, perché l’incontro presso la sede del Cnf viene introdotto dal nuovo presidente della Consulta Giorgio Lattanzi.E perché con lui e con il vertice dell’avvocatura Andrea Mascherin, prendono la parola nella tavola rotonda, i presidenti della Cassazione, Giovanni Mammone, del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, della Corte dei Conti, Angelo Buscema. Ma è rappresentata anche l’accademia ai suoi più alti livelli, grazie all’intervento del presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti Massimo Luciani. Dopodiché la suggestione dei nomi cede il passo a una sorta di ipnosi: l’intensità del confronto è così forte da indurre a dimenticarsi di chi parla. E così, in prima battuta, potrebbe passare come una mera considerazione tecnica, il passaggio in cui Mammone evoca il rischio che al diritto «si sostituiscano i diritti giurisprudenziali: lo si coglie», spiega, «nell’incrocio di Corti e di Carte, nei contrasti tra le giurisdizioni sovranazionali e le interpretazioni nazionali, fino a perdere di vista proprio la Costituzione: il cui vero contenuto, come scrive Flick, è l’affermazione dei diritti e la loro tutela».Ecco, la Carta fondamentale come una casa in cui rifugiarsi e portare a soluzione il nodo illustrato proprio dal presidente emerito della Consulta: «Sottovalutare la dimensione dei diritti e far prevalere quella degli interessi. Mettere da parte i valori e lasciare che si guardi solo ai mercati». Non è solo il punto di vista di uno straordinario e appassionato giurista, autore del saggio che dà occasione per l’incontro: l’altro aspetto notevole è che la preoccupazione di Flick, introdotta da Mammone, unisce tutti gli autorevolissimi relatori. E conferma l’indovinata lettura suggerita dall’Elogio della Costituzione: quello appunto di tornare alla Carta per «guardare al futuro», come ripete l’autore anche a margine dell’incontro. Ecco, per riuscirci, un’ottima cosa è far conoscere i 139 articoli. Una soluzione che il nuovo presidente della Corte costituzionale, e successore dunque dello stesso Flick, Giorgio Lattanzi, condivide in pieno. «Quando sono arrivato, da giudice costituzionale, a Palazzo della Consulta, segnalai l’esigemza di una persona addetta alla comunicazione. La prima risposta che ottenni fu che la Corte parla attraverso le sentenze. Replicai ricordando che le sentenze vanno però capite, e quindi devono essere spiegate, rese comprensibili. E oggi», nota Lattanzi, «grazie a Paolo Grossi che mi ha preceduto, abbiamo consolidato la prassi di diffondere comunicati. Così come abbiamo in corso in una lunga e significativa serie di incontri, innanzitutto nelle scuole: io credo che la Corte Costituzionale conti- nuerà con iniziative di questo genere», aggiunge, e dà così notizia di un suo preciso “programma” da presidente. Lattanzi nota come tale obiettivo sia del tutto affine «a quello del libro scritto da Giovanni Maria Flick, che parte dall’idea secondo cui la Costituzione debba essere conosciuta e amata».

Mascherin rappresenta «quale onore sia, per l’avvocatura, il fatto che il presidente Lattanzi scelga il Cnf come prima occasione per intervenire pubblicamente dopo la sua elezione». Fatto connesso anche al valore che le parole di Lattanzi assumono, come ricerca di un avvicinamento della Costituzione ai cittadini e di una sua riscoperta in quanto strumento di unità. È la strada per riaffermare quella che Mascherin definisce «la democrazia solidale». È uno slancio ben colto da un passaggio dell’intervento di Pajno, che nota come l’Elogio della Costituzione di cui si parla attesti «prima ancora dell’esperienza di Flick in quanto scienziato del diritto, la sua passione civile: ed è quest’ultima che consente di farci ritrovare la Carta come sostrato fondamentale della nostra vita pubblica». Il presidente del Consiglio di Stato nota anche come l’affermarsi del mercato e della concorrenza quali valori europei rischi di far trascurare il peso «dell’articolo 11 della Costituzione, che ha consentito l’apertura della nostra giurisdizione all’Europa». Da lì Flick parte per notare uno scarto: «Il viaggio che all’inizio dell’esperienza comunitaria un giovane poteva immaginare di compiere nell’Europa delle cattedrali e delle università oggi è stato soppiantato da quello che si limita a visitare solo le sedi del mercato borsistico». Ma come è possibile che siano caduti gli argini fino a far tracimare la «cultura anglosassone della concorrenza come unico elemento regolatore», per citare ancora Flick? Il presidente della Corte dei Conti Buscema nota come il suo organismo «sia orientato, nel controllo sulle amministrazioni, a non perdere mai di vista un principio: non ci si può permettere, certo, di sostenere costi pubblici al di sopra delle nostre possibilità, ma è anche vero che questo non può dirsi a svantaggio di diritti che invece devono restare incompribili» . Il tema si incornicia in un’idea alta di compromesso. A inizio dibattito, Mascherin segnala che il tipo di accordo tra le diverse culture dei costituenti oggi «rischierebbe di essere spacciato per un inciucio». Ed è il professor Luciani che lo ricorda bene: «La varietà della culture politiche, nell’assemblea che scrisse la Carta, era persino superiore all’idea che se ne potrebbe avere: eppure c’erano tante cose in comune, a cominciare da un grande senso di responsabilità, che indusse scelte orientate innanzitutto alla pace sociale». Alla democrazia solidale, appunto, e non a quella del mercato.