La descrizione la offre direttamente Enzo Moscato, autore del testo messo in scena con la regia di Carlo Cerciello e la strepitosa interpretazione di Imma Villa: “Ecco, io con Sсannasùriсe (…) vedevo е percepivo le ferite, le faglie, le fratture dei nostri animi con lo stato precedente della vita e la cultura a Napoli.. …misteriosofico-plebeo poema sulla mia discesa agli Inferi di Napoli (i bassi, gli ipogei), appena secondo, in senso cronologico tra i testi da me pensati per il teatro, eppure possedente già, "in nuce", se non di fatto, gran parte della malattia anti-tradizionale, gran parte di quell'"es-tradizione" dalle mie proprie radici, che avrei espresso pienamente dopo, in altri ed insoliti esiti drammatici. Già il titolo del lavoro, (…) si attestava altrove, in un polemico rifiuto a non volermi allineare, a non cercare di nascondermi (pur'io!), all'indomani del tremendo ma, per tanti versi, già annunciato, sconquasso del terremoto dеll’80, la lucida е irrimediabile visione del massacro, dell'eccidio, lo sterminio, non tanto di persone o case, quanto di idee, emozioni, sentimenti, che tra alti e bassi, per tanti secoli, aveva costituito l'anima genuina, il "modus agendi et cogitandi" del popolo e della città di Napoli (…) Lo spettacolo ritorna a Napoli, sul palcoscenico del Teatro Nuovo, dal 16 al 18 marzo dopo una lunga tournèe nazionale, l’incetta di tantissimi applausi e di prestigiosi riconoscimenti, tra cui il Premio a Imma Villa “le Maschere del Teatro Italiano 2017” per la migliore interprete di monologo e il Premio della Critica 2015, come migliore spettacolo. Dopo oltre trent’anni dal debutto di Moscato nel 1982, Carlo Cerciello lo ha rimesso in scena nel 2015, facendone apprezzare la cruda attualità. Scannasurice è uno spettacolo forte, che mostra un doppio registro autoriale di poesia e di inquietudine, reso ancora più potente dal testo scritto in una rigorosa e sonora lingua napoletana, straordinariamente recitato dalla protagonista assoluta della scena, Imma Villa, rinchiusa in uno scannatoio. E’ una sorta di discesa nel post terremoto di una persona dall’identità androgina nell’ipogeo napoletano, dove abita, all’interno di una stamberga. Costipato in un spazio poco vitale, “recluso” nella efficace scena creata da Roberto Crea, avvolta dal suono di Hubert Westkemper e le musiche originali di Paolo Coletta, l’allestimento si avvale dei costumi di Daniela Ciancio e il disegno luci di Cesare Accetta, l’aiuto regia di Aniello Mallardo, il direttore tecnico Marco Perrella. Le foto di scena sono di Andrea Falasconi. Assistenti alla regia Tonia Persico, Serena Mazzei, tecnico luci Fabio Faliero, tecnico audio Jack Hakim, aiuto scenografo Michele Gigi; è presentato da Teatro Elicantropo e Elledieffe. Nel “basso”, vero girone dell’inferno, il personaggio si muove in compagnia dei topi, “metafora dei napoletani stessi e dei fantasmi delle leggende metropolitane partenopee, dalla Bella ‘mbriana al Munaciello, tra spazzatura e oggetti simbolo della sua condizione, alla ricerca di un’identità smarrita dentro le macerie della storia e della sua quotidianità terremotata”. “Ho scelto di tornare alla messinscena di un testo in lingua napoletana, di tornare a un autore antioleografico per eccellenza come Moscato – scrive Carlo Cerciello nelle note di regia - mettendo in scena il suo testo Scannasurice, nell’intento di allontanarmi dalla malsana oleografia di ritorno, che, nuovamente, appesta Napoli di retorica e luoghi comuni, in una città che ha smarrito la memoria stessa della sua vita culturale, seppellita dalla banalità e dal conformismo”. Il personaggio è, originariamente, un “femminiello” dei Quartieri Spagnoli di Napoli, fa la vita, “batte” il marciapiede. Nella scrittura drammaturgica di Moscato, i femminielli sono creature quasi mitologiche. Oltre l’identità sessuale, sono rappresentazioni di tipo magico. Da qui una scelta ed una trovata che ha dato oltremodo potenza alla messa in scena: l’interpretazione affidata ad un’attrice, che va oltre l’identità sessuale, rendendone evidenti l’ambiguità e l’eccesso. Una volta smontata la sua appariscente identità, indosserà la solitudine e la fatiscenza stessa del tugurio in cui vive. Sarà cieca Cassandra, angelo scacciato dal Paradiso, sarà maga, sarà icona grottesca e disperata, ma sempre poetica. Cerciello mette insieme i due finali scritti da Moscato in due momenti successivi: il primo nel 1982, il secondo su indicazione di Annibale Ruccello, che ne firmò la regia due anni dopo. “Il terremoto etico, sociale, politico della seconda metà del 900 - aggiunge Cerciello - mi vede, oggi, sopravvissuto, confuso e smarrito, aggirarmi tra le macerie di ideologie, emozioni e sentimenti, proprio come, da napoletano, vissi il terremoto dell’80”. E lo spettacolo registra il tutto esaurito ad ogni replica per questa forte scrittura drammaturgica di esaltare i furori e i deliri di un così ambiguo protagonista. Ma a prevalere è anche il pessimismo che non lascia vie di fuga. Siamo di fronte ad una interpretazione magistrale di Imma Villa, una delle più versatili attrici della scena contemporanea anche per l’intensa fisicità dei ruoli interpretati, che riesce ad orchestrare in modo superbo corpo e voce senza mai eccedere. Da non perdere!