In una nota diffusa subito dopo l’emanazione del provvedimento, lo scorso 7 dicembre, il presidente del Cnf Andrea Mascherin aveva definito il decreto sui parametri forensi «coerentemente in linea con la legge sull’equo compenso da poco approvata». Valutazione fondata sui fatti, perché il cuore delle misure adottate dal guardasigilli Andrea Orlando è nell’inderogabilità delle soglie massime di riduzione delle somme tabellari. Una modifica non da poco, a cui manca ormai solo la registrazione presso la Corte dei Conti prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale e dell’effettiva entrata in vigore: lo scorso 8 marzo infatti il ministro della Giustizia ha apposto la propria firma alla versione definitiva del testo che modifica il decreto 55 del 2014. Si tratta dell’ultimo passaggio “governativo”, dopo che sulla disposizione si erano già pronunciati sia il Consiglio di Stato che, da ultime, le competenti commissioni parlamentari. Il provvedimento si incrocia per più di un motivo con la disciplina dell’equo compenso.

Innanzitutto per una ragione di politica delle professioni: così come le norme che, da pochi mesi, tutelano finalmente gli avvocati nei rapporti con i “committenti forti”, anche questo decreto sui parametri è frutto della positiva interlocuzione tra governo e Consiglio nazionale forense. La seconda ragione che fa del provvedimento firmato l’ 8 marzo un prezioso completamento delle misure sull’equo compenso è il fatto che in queste ultime si è sancito l’obbligo, per il giudice, di non scendere in ogni caso al di sotto dei parametri forensi, nel rideterminare la somma da riconoscere all’avvocato.

Siamo dunque di fronte alla conferma che un’inversione definitiva si è realizzata: addio al ribassismo sfrenato a cui si è assistito dall’abolizione delle tariffe in avanti, si torna alla tutela del «decoro professionale». Si riconosce dunque la figura dell’avvocato come rappresentativa dell’intero ceto medio, e come soggetto sociale da preservare, rispettare e anteporre agli interessi della grande finanza. Una svolta politica silenziosa, a cui il Cnf e gli altri organismi dell’avvocatura hanno creduto con tenacia. Fino a sostenere e sollecitare la politica anche nei momenti di esitazione. Basti ricordare l’accantonamento dell’equo compenso deciso in autunno dalla commissione Bilancio del Senato durante l’esame del decreto fiscale: un dietrofront a cui era seguita una campagna del Consiglio nazionale forense e delle associazioni specialistiche talmente intensa da far riemergere il provvedimento dalle sabbie mobili in cui sembrava sprofondato.

MINIMI INDEROGABILI

Un contributo importante, rispetto alla definizione del decreto sui parametri, è arrivato anche dal Consiglio di Stato, che lo scorso 27 dicembre ha depositato un parere in gran parte rivolto all’esigenza di superare ogni possibile equivoco sull’inderogabilità delle soglie minime, in nome di un principio: «La discrezionalità del giudice nella determinazione dei compensi non può condurre a una liquidazione che remuneri l’opera del difensore con una somma che risulti praticamente simbolica e, come tale, non consona al decoro professionale». Principio a cui Orlando aveva dato evidente attuazione già nella prima versione, quella trasmessa il 7 dicembre per i successivi pareri. Anche grazie ai rilievi di Palazzo Spada il decreto è stato posto al riparo da ogni possibile eterodossia interpretativa. In parti- colare, negli articoli 4 e 12, relativi ai “Parametri per la determinazione dei compensi”: nel primo caso in termini generali, nel secondo per l’attività penale. In entrambi i passaggi era stata fin da subito cancellata da Orlando l’espressione «di regola» che nel testo del 2014 accompagnava la previsione secondo cui il magistrato non può diminuire la somma «oltre il 50 per cento» ( «oltre il 70%» per la fase istruttoria). La locuzione «di regola» era però sopravvissuta nella frase relativa all’aumento massimo, ed era così rimasto un margine di incertezza anche per le soglie minime. Adesso, nella versione finale, il guardasigilli ha precisato queste ultime con la seguente espressione: «I valori medi di cui alle tabelle possono essere diminuiti in ogni caso non oltre il 50 per cento». Fine di ogni possibile equivoco.

LE ALTRE NOVITÀ

Non si tratta del solo aspetto significativo del decreto, ma è certo quello dal può forte contenuto “politico”. Altri passaggi importanti ( come richiamato anche in altro servizio, ndr) riguardano gli aumenti percentuali dei compensi per ciascun ulteriore soggetto assistito nelle cause in cui ve ne sono diversi, così come l’aumento da 20 a 30 ( sia nel civile che nel penale) del numero massimo di soggetti per i quali il compenso parametrale è attribuibile. Modifiche anche per le fasi introduttive dei giudizi amministrativi, ricompensate con un 50 per cento in più «quando sono proposti motivi aggiunti». Ancora, si precisa che i compensi nei procedimenti arbitrali si applicano a favore di ciascun singolo arbitro e non più all’intero collegio. E aspetto particolarmente significativo segnalato, come i precedenti, nella proposta inoltrata dal Cnf al guardasigilli lo scorso 24 maggio - vengono introdotte apposite tabelle per le mediazioni e le negoziazioni assistite.

Importante, da ultimo, un passaggio inserito dopo l’esame delle commissioni parlamentari, grazie al quale è stato previsto un ulteriore aumento “premiale” del 30 per cento «quando gli atti depositati con modalità telematiche sono redatti con tecniche idonee ad agevolarne la consultazione». Se il pdf consente la navigazione e la ricerca, dunque, tale comodità di fruizione determinerà uno specifico riconoscimento all’avvocato.