Luigi Di Maio sale al Colle per assistere alle celebrazioni della festa della donna. Ma in testa non ha solo l’ 8 marzo, vuole prendere confidenza con un ambiente che tra qualche settimana lo vedrà protagonista, insieme al Presidente della Repubblica, durante consultazioni per la formazione di un nuovo governo. Il leader dei 5 Stelle stringe mani, chiacchiera col vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e incassa i complimenti anche dagli avversari politici come Beatrice Lorenzin. Sorride e infonde sicurezza a ogni selfie richiesto dai ragazzi presenti alla cerimonia. «Mi vedi preoccupato? No, siamo tranquilli», risponde a un cronista che gli chiede novità sul fronte maggioranza. Poi sciorina numeri sul tema di giornata: «Al Senato abbiamo 42 senatrici su 112 e alla Camera la stessa proporzione, tra l’altro noi stiamo aspettando anche 3 seggi che devono assegnare alla Camera e 1 seggio al Senato. Quindi vedremo».

Stretta di mano di rito con Sergio Mattarella e poi via a continuare il lavoro di tessi- tura per trovare i numeri Parlamento e formare un esecutivo. Prima di tutto però bisogna serrare le fila degli eletti col Movimento. Tanti, forse troppi 330 tra deputati e senatori per non temere defezioni. È l’altra faccia della medaglia di un trionfo elettorale di proporzioni forse in attese: nel Palazzo sono entrate persone sconosciute alla maggior parte della vecchia guarda, finite in lista magari per riempire qualche buco. Bisogna istruire i novizi, spiegargli i trucchi del mestiere e metterli al riparo dai “tentatori” che, è la previsione dei vertici M5S, si faranno avanti per indebolire il gruppo parlamentare più numeroso. La squadra va compattata subito, a partire da oggi, quando Di Maio e Casaleggio incontreranno a Roma, all’Hotel Parco dei Principi, tutti gli eletti. Il capo politico ha chiesto ai veterani la massima collaborazione, per evitare gli errori della scorsa legislatura, quando i 5 Selle vennero decimati da abbandoni ed espulsioni, perdendo per strada 40 parlamentari: 21 alla Camera e 19 al Senato. L’aspirante premier però dovrà guardarsi le spalle anche dai riconfermati: la legge grillina dei due mandati potrebbe invogliare qualcuno a guardarsi attorno. E per scongiurare ulteriori mal di pancia è importante fare immediatamente chiarezza, modificando qualche regola sgradita. A partire dai rimborsi. Niente più scontrini da rendicontare mensilmente ma una quota fissa da versare su un conto corrente “di passaggio” - garantendo così al Movimento una vigilanza immediata - prima di migrare sul fondo per le piccole e medie imprese. Senza l’obbligo di restituire tutte, ma proprio tutte, le eccedenze le tasche dei parlamentari rimarrebbero più gonfie e il partito verrebbe messo al riparo da nuovi scandali. Ma le novità che Di Maio dovrebbe comunicare oggi in assemblea non finiscono qui. Il vertice grillino ha pensato di ri- vedere anche l’organizzazione istituzionale, a partire dai capigruppo di Camera e Senato. L’idea è quella di rendere le due cariche più simili a quelle degli altri gruppi.

Stop dunque alla rotazione trimestrale, come avvenuto per tutta la scorsa legislatura, e sì all’individuazione di figure più stabili, da mantenere in carica per almeno 18 mesi. I responsabili saranno individuati direttamente dal capo politico e poi sottoposti al voto dell’assemblea. I nomi più gettonati sono quelli di Giulia Grillo alla Camera e Danilo Toninelli, nel frattempo “trasferito” al Senato. La riconversione del Movimento in partito procede a passi spediti. Ma per andare al governo del Paese serve uno sforzo in più, una mediazione reale fino a ieri bandita dal vocabolario grillino. E mentre si accavallano le voci su possibili contrattazioni sui ministeri da offrire agli eventuali alleati, gli occhi di Di Maio sono puntati al Nazareno. Nonostante le porte sbattute in faccia, il leader 5 Stelle confida nelle spaccature interne al Pd e attende «fiducioso» l’esito della direzione dem di lunedì per provare a insinuarsi nelle contraddizioni dell’ex partito di governo. Per centrare l’obiettivo il Movimento spera di trovare un ottimo alleato nel Capo dello Stato, che proprio ieri ha lanciato un appello alla responsabilità delle forze politiche. «Bene il richiamo del Presidente della Repubblica», dice Toninelli. «Noi questo senso di responsabilità lo portiamo avanti già dalla campagna elettorale. Vogliamo che inizi la terza Repubblica dei cittadini e un governo di cambiamento». L’antipolitica è un ricordo sbiadito.