«Lasciali passare, tanto dopo il 4 marzo non entreranno più», così ha detto un agente penitenziario all’ingresso della Casa di Reclusione di Padova nei confronti della presidente della cooperativa Altra-Città.

Se è vero che per misurare il grado di civiltà del nostro Paese si misura osservando le condizioni delle nostre carceri, è altrettanto vero che il clima interno ( e esterno) ad esse possono anche essere una profezia di quello che potrebbe accadere, sempre nel nostro Paese, dopo il voto. La frase buttata là nei confronti di Rossella Favero, la presidente di AltraCittà, ha creato inquietudine e, soprattutto, le ha fatto del male visto che opera dentro il carcere da 23 anni. «Mi pare che il clima – denuncia pubblicamente Favero - stia velocemente degenerando anche a Padova, che dove c’erano spazi positivi si cerchi di chiuderli. Faccio male a inquietarmi?».

Ma se il clima è cambiato, questo si evince anche dalle ultime visite effettuate dai militanti del Partito Radicale. «Più che clima interno alle carceri – spiega l’esponente radicale Rita Bernardini a Il Dubbio -, si tratta di quello esterno, e mi riferisco direttamente al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, da quando il ministro Orlando ha insediato il nuovo vice capo del Dap, il magistrato Marco Del Gaudio. La Bernardini si riferisce agli ordini emanati direttamente da Del Gaudio agli istituti penitenziari. «Ad esempio – spiega l’esponente radicale -, è stato dato ordine ai direttori di non compilare più i questionari che presentavamo in occasione delle nostre visite per conoscere dati sulle professionalità presenti e sugli eventi critici quali i suicidi e gli atti di autolesionismo». Ma non solo. «Ultimamente - denuncia ancora Rita Bernardini -, non ci hanno autorizzato di visitare i reclusi al 41 bis e se ce lo autorizza, lo si fa con la condizione di non parlare con loro per capire i loro problemi e disagi». La denuncia di Rita Bernardini è netta: «Da quando c’è Del Gaudio, si è tornati molto indietro sulla trasparenza relativa alla vita dentro gli istituti».

A questo, però, si aggiunge anche il discorso della fedina penale dei volontari o militanti politici che entrano in carcere. Polemica montata soprattutto da alcuni sindacati di polizia penitenziaria ed esponenti del Movimento 5Stelle. Prima fra tutte, quella nei confronti di Sergio Segio, ex militante dell’organizzazione armata Prima Linea e condannato all’ergastolo. In seguito si dissociò e da un quarto di secolo è impegnato nel volontariato, a partire dal Gruppo Abele di don Luigi Ciotti e nella difesa dei diritti umani. Tra le diverse attività è anche membro del direttivo nazionale dell’associazione Nessuno Tocchi Caino del Partito Radicale e si occupa soprattutto del miglioramento del sistema penitenziario. È proprio per quest‘ ultima sua attività, che lo vede molto spesso partecipe alle iniziative organizzate dentro il carcere, che subisce polemiche da parte di alcuni sindacati di polizia penitenziaria e non solo. Anzi, a partire da questi casi, il deputato grillino Ferraresi aveva proposto di mettere dei filtri per chi fa azioni di volontariato all’interno delle carceri, magari attraverso il nulla osta da parte di un magistrato.

«Eppure – spiega Rita Bernardini - uno come Sergio Segio è l’esempio della funzione rieducativa della pena e quindi chi meglio di lui può fare un discorso sulla necessità di rispettare il dettato costituzionale in carcere. Il problema – conclude l’esponente radicale – è che non si vuole questo». Il volontariato, quindi, rimane una funzione importante nel carcere ed è tuttora fin troppo ostacolato. Proprio per questo, tra i decreti delegati elaborati dalla commissione Giostra per la riforma dell’ordinamento penitenziario, c’è un capitolo dedicato alla valorizzazione e implementazione della figura del volontario.

L’associazione Antigone, invece, non ha riscontrato alcun problema con il Dipartimento di amministrazione penitenziaria. A dirlo è il presidente Patrizio Gonnella. «Rispetto, però, a quello che accade nei penitenziari – spiega Gonnella a Il Dubbio -, riferendomi soprattutto sul caso avvenuto a Padova, posso ragionevolmente pensare che ci sia una insofferenza nei confronti della società esterna che vuole entrare». Gonnella spiega che non è la prima volta che accade, perché «quando siamo in una fase di passaggio – sottolinea il presidente di Antigone – c’è chi fa il passo più lungo e pensa già di interpretare il volere dei futuri vincitori delle elezioni politiche». Insomma, si parla di una tendenza che c’è sempre stata. «Quello che dobbiamo augurarci – spiega sempre Gonnella – è che l’amministrazione penitenziaria continui a fornire trasparenza nei regimi penitenziari e, soprattutto, continui ad essere indipendente dal clima politico». Gonnella ricorda che Antigone ha vissuto periodi difficili nella legislatura del 2001 – 2006 quando c’era il ministro leghista Roberto Castelli e Gianni Tinebra come capo del Dap. «Fummo trattati – spiega il presidente di Antigone – come se fossimo dei criminali e, addirittura, fummo accostati agli anarchici insurrezionalisti allertando le sentinelle quando effettuavamo le visite nei penitenziari». Il pericolo, prospettato da Antigone, è quello che certe storie possano ripetersi. «Anche in forme peggiori – aggiunge, visto che le destre attuali sono diventante ancor più estremiste e prendono come punti di riferimento un Orban o un Putin». A questo si aggiunge la resistenza di alcuni sindacati autonomi di polizia penitenziaria ai cambiamenti, come ad esempio la riforma dell’ordinamento penitenziario, oppure, ai cambiamenti – già avvenuti - all’interno della vita penitenziaria dei detenuti come la cosiddetta vigilanza dinamica. «Abbiamo seguito queste opposizioni – spiega Gonnella-, anche le critiche di alcuni sindacati autonomi sia a noi che nei confronti dell’esponente radicale Rita Bernardini. Loro d’altronde sono i legittimi vincitori della non passata riforma dell’ordinamento penitenziario, perché sono stati i primi acerrimi nemici. Si oppongono a qualsiasi riforma, interpretando – conclude il presidente di Antigone – il loro ruolo assolutamente premoderno».