Caro Procuratore Federico Cafiero de Raho, ho letto l’intervista che lei ieri ha rilasciato al “Fatto Quotidiano” e sono rimasto un po’ deluso. Conosco il suo rigore e la sua prudenza, non mi aspettavo da lei la leggerezza che mi pare abbia commesso.

Il “Fatto” ha dedicato alle sue dichiarazioni lo spazio principale della prima pagina e le ha presentate con un titolo clamoroso nel quale le attribuisce queste due frasi: « Puniamo chi candida indagati », nella prima riga, grande, e poi, nella seconda riga, un po’ più piccola, « Gli elettori non votino i partiti che hanno liste lontane dall’etica» . Devo dire che leggendo il testo dell’intervista mi sono reso conto che lei fino all’ultimo ha tentato di sottrarsi all’incalzare del giornalista, che le chiedeva, in sostanza, di maledire i partiti che non sono i 5 Stelle. Però, nell’ultima frase, proprio nell’ultima frase dell’intervista, ha ceduto di schianto e l’ha data vinta al giornalista. Pronunciando ( salvo smentite) queste parole: « Mi aspetto che, laddove ci sono presenze inquinanti, gli elettori riescano a dare una lezione definitiva ai partiti» .

È vero, lei non parla di indagati ma esprime un concetto molto più generico: «Presenze inquinanti». Però non credo che lei possa stupirsi se poi il giornale dei 5 Stelle forza un poco appena la sua dichiarazione e la traduce con la parola “indagati”.

Lei sa benissimo che non è vietato candidare degli indagati. E sa ancor meglio che un indagato che non sia stato condannato è una persona innocente a tutti gli effetti. E dunque capisce bene che le sue dichiarazioni non possono essere lette in modo diverso che come un appello al voto per alcuni partiti e contro altri partiti ( per i quali, anzi, sembra invocare una “punizione” definitiva). E infatti in questo modo le sue dichiarazioni sono state lette anche dal leader dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, che ha creduto di poter tradurre l’intervista con un endorsement a favore del suo partito.

Lei capisce, dottor Cafiero, che un intervento così netto, in campagna elettorale, di un magistrato che ricopre l’incarico delicatissimo di Procuratore generale antimafia e antiterrorismo, è assolutamente scorretto, e - a mia memoria - senza precedenti. Sicuramente è scorretto dal punto di vista del buonsenso. Credo che lo sia anche a norma di legge, se interpreto bene il decreto legislativo n. 109 del 2006, che all’articolo 3, punto “I”, definisce illegittimo « l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato, è diretto a condizionare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste».

Non sono un giurista e non mi interessa approfondire questo articolo, anche perché non mi sono mai occupato molto di disciplina. Però lei capisce che una frase come quella indicata tra virgolette nel titolo (“Puniamo chi candida indagati”) pronunciata da uno dei più prestigiosi e potenti magistrati del paese, davvero è inquietante. “Puniamo”? Lei sa molto bene che questa parola usata da un magistrato ha un significato particolare. E poi, mi scusi, ma che vuol dire “lontane dall’etica”? Chi stabilisce le norme dell’etica? E non dovrebbe essere l’etica qualcosa che non interessa un magistrato, il quale deve invece occuparsi solo di legge e diritto?

Sono convinto, dottor Cafiero, che lei quella frase sugli indagati non l’ha mai pronunciata. Non crede però che sia il caso di chiedere una smentita al giornale? A me non pare che lasciare troppa ambiguità nei rapporti tra politica e magistratura sia un fatto positivo. Sicuramente inquina la lotta politica. E sospetto di non essere il solo a pensarla così. Credo che anche molti suoi colleghi magistrati la pensino in questo modo.