Le Olimpiadi come atto politico in grado di sanare le fratture che le forze diplomatiche non sempre sono in grado di guarire. È così che Mario Pescante, rappresentate dell’Italia al Comitato internazionale olimpico, ha parlato ieri della tregua olimpica, nel corso di una lectio magistralis alla Link Campus University di Roma. Un concetto che attraversa secoli di storia e che è oggi quanto mai attuale, in vista delle prossime Olimpiadi Invernali che si svolgeranno in Corea del Sud, dal 9 al 22 febbraio, e che vedranno la partecipazione di una delegazione della Corea del Nord. Un “patto” stipulato nella Casa della pace a Panmunjon, zona demilitarizzata dove venne firmato l’armistizio del 1953. Una «città fantasma», ha spiegato Pescante, oggi simbolo della tregua tra i due paesi ma anche esempio vivo di come lo sport possa portare alla pace. Una sfida colta anche dal Consi- glio nazionale forense italiano, che assieme alla fondazione Univerde ha promosso l’iniziativa ZeroWar2020, progetto che mira a promuovere il diritto alla pace e la cessazione di tutte le guerre. «I rapporti tra politica e sport - ha spiegato Pescante - rappresentano una storia antica, una storia moderna ed una storia tremendamente attuale. La situazione, oggi, è imprevedibile». A renderla tale i rapporti sempre più tesi tra i presidenti di Usa e Corea del Nord, Donald Trump e Kim Jongun. Pescante ha parlato dei giochi come di una vera e propria favola, nella quale «il lupo cattivo» è rappresentato dagli agguati della politica, che hanno portato nei secoli ad interruzioni della pace olimpica, istituita nel 767 a. C., con il patto di non belligeranza tra due re, dal quale nacquero i giochi. Un atto di pace durato undici secoli e interrotto, ancora una volta, da un atto politico. Ovvero quello del 390 d. C., quando, su pressione del vescovo di Milano, Ambrogio, l’imperatore Teodosio decretò la sospensione delle Olimpiadi. Da lì trascorsero 15 secoli prima della rifondazione dei giochi da parte di Pierre De Coubertin e una serie interminabile di intrecci che portò alle interruzioni per le guerre mondiali e alle campagne di boicottaggio, passando per le stragi del 1968, in Messico e del 1972 a Monaco. Il tutto facendo un uso strumentale delle Olimpiadi che altri effetti non ha avuto se non quello di mutilare i giochi. «Il boicottaggio a Mosca nel 1980 da parte degli americani procurò grandi danni - ha spiegato -. La scusa fu l’occupazione russa dell’Afghanistan, ma dopo 37 anni lì c’è ancora la guerra. Però 65 paesi occidentali non andarono ai giochi, lasciando a casa 3000 atleti dopo anni di sacrifici».

La pace tornò grazie all’intervento dell’Onu, nel 1992, che ripristinò dopo 16 secoli la tregua olimpica. E 16 furono anche gli anni di tranquillità, prima delle Olimpiadi del 2008 a Pechino. Il passo in avanti fu il riconoscimento del Comitato olimpico come osservatore permanente all’interno dell’Onu, grazie al segretario coreano Ban Ki- moon, promotore di una risoluzione che sottolinea l’importanza dello sport per abbattere le barriere. Barriere che la crisi tra Corea e Usa, dunque, rischiava di ripristinare. Ed è per questo che è intervenuto lo sport. «Ban Ki Moon ha ritoccato la risoluzione in un punto fondamentale: la tregua la chiede il Paese organizzatore a nome non della Corea del Sud ma della penisola coreana», ha spiegato il rappresentante Cio. «E L’incontro del 9 gennaio a Panmunjon, con la scelta di Kim di separare politica e giochi, dimostra che ancora una volta lo sport ha costruito un ponte. La favola di cui parlavo all’inizio ha concluso - è una favola che dovrebbe avere questo lieto fine. Noi abbiamo svolto il nostro compito in tanti, ora tocca alla politica. E abbiamo paura».