Dire che sia stata una giornata esaltante per l’accusa, quella vissuta ieri a Palermo al processo “Trattativa”, sarebbe azzardato. Finita la lunghissima requisitoria a puntate della Procura, in cui Nino Di Matteo e gli altri pm hanno scagliato accuse feroci anche verso i non imputati come Violante, è arrivato il turno delle parti civili. Si è iniziato con i legali del Comune di Palermo e dell’associazione “Libera”. Ed è stato il primo, l’avvocato Giovanni Airò Farulla, a ricostruire il processo in una chiave che sembra demolirlo: «La trattativa tra Stato e mafia c’è stata e questa difesa ne è quasi certa». Quasi? Cioè, non proprio al di là di ogni ragionevole dubbio? Con una simile premessa paiono incoerenti le richieste dell’amministrazione guidata da Leoluca Orlando, che nonostante quel «quasi» si associa in toto alle condanne invocate dalla Procura: 15 anni per Mario Mori, 12 a testa per gli altri due ufficiali dei carabinieri Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, 12 anni per Marcello Dell’Utri, 6 per Nicola Mancino. «L’accusa», secondo Airò Farulla, «ha chiarito i punti chiave da cui emerge la prova di questa trattativa tra Stato e mafia». Come? «Pur trincerandosi dietro legittime chiusure rispetto a colloqui avuti con collaboratori, Giorgio Napolitano ci ha parlato di una cosa importantissima: la paura delle istituzioni per un eventuale colpo di Stato da parte della mafia siciliana». Da lì lo Stato decise di «discutere», dice il legale di Leoluca Orlando, che aggiunge: «Ritengo che uno Stato non debba mai discutere con delinquenti o criminali, invece ci ha provato, indipendentemente dal risultato». Trattativa sì, ma vana? «No, c’è stata e ha rafforzato il potere intimidatorio della mafia». Eppure tutto sembra fragile, nell’atto d’accusa del Comune di Palermo: «Il famoso papello, poco importa se alla fine sia stato accettato o no». Non ci possono essere dubbi su un fatto: «Il tradimento da parte di alcuni soggetti dello Stato a scapito di cittadini siciliani, palermitani e italiani». L’amministrazione aspetta di ricavare, dalla requisitoria di ieri, anche un po’ di soldi: tramite il suo rappresentante ha chiesto un risarcimento danni ma ne ha lasciato la valutazione alla Corte d’assise. Più prudente la requisitoria affidata da “Libera” all’avvocato Salvatore Battaglia: «Riteniamo che il pm nella ricostruzione dei fatti abbia sviluppato ogni argomentazione possibile ai fini della responsabilità penale degli imputati». Poi la curiosa ammissione: «Massimo Ciancimino? Ha gravi colpe. È un personaggio pasticcione e i pasticci li ha pagati, e sta tuttora espiando». E meno male che si tratta che il principale teste d’accusa.