Un attentato alla libertà di opinione, un’offesa ai giornalisti e all’elettorato, una follia. È così che il mondo dell’informazione etichetta il regolamento varato dall’autorità garante per le comunicazione in vista delle elezioni del 4 marzo, quando anche le emittenti private dovranno rispettare la par condicio. Qualora il programma prevede l’intervento di un giornalista o di un opinionista in studio, dunque, lo stesso dovrà dire chiaramente da che parte sta, per consentire la presenza di un altro giornalista che supporti la tesi opposta. Un’idea «inaccettabile» secondo Vittorio Emiliani, giornalista, scrittore e storico, che auspica una rivolta da parte di un sistema dell’informazione sempre più «narcotizzato».

Come giudica il regolamento dell’Agcom?

Mi sembra una cosa spaventosa, che con la democrazia e la libertà di opinione non ha nulla a che fare. Chiedere agli opinionisti di presentarsi con scritto in fronte per chi votano è una cosa che non è mai successa e che addirittura ci fa rimpiangere le vecchie tribune politiche della Rai. Nessuno ha mai fatto una specie di analisi del sangue preventiva. Ovunque abbiano preso questa idea, mi sembra sia una cosa malata, fuori dal mondo, inaccettabile. Non se ne dovrebbe discutere nemmeno.

Si può parlare davvero di giornalisti schedati?

Ma certo, prima di mettere piede in studio bisogna vedere a che parrocchia appartiene l’opinionista… È una schedatura preventiva, è da respingere nel modo più fermo. Stupisce che sia stata escogitata da qualcuno e mi chiedo dov’è che siamo precipitati. Già il giornalismo, in Italia, non brilla in questo momento, lo faccia dire da chi ha fatto il giornalista per 60 anni...

Quale può essere la chiave di lettura di questa decisione, allora?

Mi sembra un tentativo quasi disperato di condizionare la formazione di un’opinione elettorale. È evidente che la Rai è sempre più condizionata non dai partiti, ma dal potere. L’ultima legge mette la tv di Stato ad una dipendenza diretta dal Governo. Con questa mossa che va a toccare anche le tv private si vuole veramente incatenare l’informazione, che dovrebbe essere il cane di guardia della democrazia. Ma qui, oltre a volerlo incatenare, il cane lo si vuole proprio addormentare.

Qual è lo stato di salute dell’informazione?

Siamo ad una netta riduzione della democrazia. Fin qui l’Agcom aveva dettato regole accettabili, era stata prudente. Questa decisione è una regressione paurosa. Praticamente siamo tornati alla legge Stefani. Chiedere che un giornalista dichiari prima qual è la sua posizione politica rappresenta un motivo di omogeneizzare forzosamente le opinioni. Qual è l’obiettivo che si vuole raggiungere?

Lo scopo sarebbe quello di non influenzare l’elettore con uno sbilanciamento delle opinioni.

Mi sembra molto stupido pensare di poter “difendere” l’elettorato con mosse come questa. La gente è molto meno incolta di quanto si pensi e non è vero, poi, che l’intenzione di voto si forma guardando i talk show. Non sono quelli a creare le opinioni, piuttosto bisognerebbe stare attenti ai telegiornali, dove ci sono molti velinari. In questo momento l’unica a fare una sorta di servizio pubblico è La7, che ospita trasmissioni molto pluraliste. Per il resto, non c’è molta dialettica.

Crede che questo regolamento entrerà effettivamente in vigore?

Non accadrà nulla di tutto questo, perciò mi sembra assurdo anche solo immaginarlo. Ci sarà una reazione, anche se l’informazione è ormai cloroformizzata. Le tv sono quasi tutte filogovernative, i tg sono molto addomesticati, vicini al potere. Avrei capito un intervento sulle tv nazionali, ma andare ad incidere su quelle locali è molto più grave, rappresenta una tendenza al conformismo che in Italia è molto forte in questo momento. C’è una certa facilità a piegarsi agli stereotipi, ai luoghi comuni, a non andare a vedere le cose come stanno. Ci sono molti trombettieri e molti tromboni.

L’ordine dei giornalisti interverrà?

Sono sempre stato contrario all’ordine, mi sembra una sovrastruttura costosa e perfettamente inutile. Le censure inflitte finora sono state molto modeste rispetto alle gravissime deviazioni che ci sono dalla corretta informazione. Se non interviene neanche in questo caso non farà altro che dimostrare la sua assoluta e antica utilità.