«La prescrizione? Meglio di niente, ce ne faremo una ragione», disse Giulio Andreotti nel 2004 commentando la sentenza della Cassazione che dichiarava estinto per decorso del tempo il reato di associazione a delinquere per il quale era stato imputato nel processo di Palermo. Alla frase dell’ex leader della Dc deve molto probabilmente aver pensato l’altro giorno l’ex presidente di Telecom Italia Marco Tronchetti Provera dopo aver appreso che i giudici di piazza Cavour avevano annullato per la seconda volta l’assoluzione a suo carico. Il manager milanese era stato condannato nel 2013 dal Tribunale di Milano a 20 mesi di reclusione per il reato di ricettazione. Avrebbe autorizzato la denuncia all’Autorità giudiziaria italiana e a quella del Brasile sulla base di informazioni provenienti dalle attività di hackeraggio effettuate della security di Telecom, il celebre “Tiger Team” guidato dall’ex sottufficiale dei carabinieri Giuliano Tavaroli.

Vittima dello spionaggio sarebbe stata la Kroll, una agenzia di investigazioni che a sua volta aveva spiato Tronchetti Provera, i suoi familiari e le sue imprese. I fatti risalgono al 2004. All’epoca Telecom concorreva con alcuni fondi brasiliani per il controllo di Telecom Brasile. Tronchetti, presidente di Telecom dal 2001 al 2006, in una riunione con Tavaroli e con gli avvocati dell’azienda telefonica Francesco Chiappetta e Francesco Mucciarelli, informato dell’attività della Kroll, diede ordine di presentare la denuncia. Il ' Tiger Team' intercettò i files riversandoli in un cd. L’operazione avvenne nel luglio successivo.

«Una gravissima intromissione nella vita privata delle persone mossa da logiche partigiane nella contrapposizione tra blocchi di potere economici e finanziari, logiche che tendono a beneficiare non già l’azienda come tale ma chi in un dato momento storico ne è il proprietario di controllo», scrisse il Gup milanese Mariolina Panasiti nella sentenza di oltre 300 pagine con cui aveva definito i patteggiamenti e disposto i rinvii a giudizio nei confronti di più imputati nell’ambito del procedimento “Telecom-Sismi”, l’indagine riguardante le intercettazioni illegali effettuate dai responsabili della security dell’azienda telefonica con il coinvolgimento del servizio segreto militare.

L’allora aggiunto Alfredo Robledo, al quale Panasiti aveva trasmesso gli atti per valutare i profili di responsabilità di Tronchetti Provera, procedeva con citazione diretta nei suoi confronti. Il 17 febbraio 2013 la condanna in primo grado. L’ex manager Telecom, pur essendosi il reato estinto per prescrizione, decise di rinunciarvi. L’ 11 gennaio 2015 la Corte d’Appello di Milano lo assolse nel merito perché il fatto “non costituisce reato” in quanto Tronchetti era legittimato ad utilizzare quelle informazioni come autotutela.

La Procura generale presentò ricorso che venne accolto dalla Cassazione che dispose un nuovo giudizio. Il 9 febbraio 2017 nuova assoluzione in appello con motivazioni “fotocopia” e nuovo ricorso della Procura generale. Questa settimana nuova decisione della Cassazione che ha ritrasmesso gli atti ai giudici di secondo grado milanesi. A questo punto la Corte d’Appello dovrà pronunciarsi per la terza volta sulla sussistenza o meno dei requisiti della “legittima difesa putativa” in favore di Tronchetti Provera. I suoi avvocati di hanno parlato di sentenza “surreale” preparandosi ad un nuovo giudizio d’appello. Siamo al sesto giudizio sulla medesima fattispecie a distanza di 14 anni dal fatto. Forse, per uscire da questo estenuante e costoso “ping- pong” giudiziario sull’asse Milano- Roma, sarebbe stato meglio seguire i consigli del Divo Giulio...