È una delle persone che più si è battuta per portare a termine l’iter per l’attuazione della riforma dell’ordinamento penitenziario. Parliamo di Mauro Palma, Garante nazionale delle persone detenute o private della libertà personale. Attraverso il suo ufficio, composto da Emilia Rossi e Daniela de Robert, ha potuto visionare i decreti e formulare delle proposte prese poi in considerazione dall’ufficio tecnico di Palazzo Chigi. All’indomani dell’approvazione preliminare da parte del Consiglio dei ministri del decreto legislativo di riforma dell’ordinamento penitenziario, Mauro Palma ha espresso soddisfazione, auspicando che le modifiche introdotte, fortemente volute dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e definite attraverso un’ampia consultazione, trovino al più presto una concreta attuazione. Il Garante ha commentato con Il Dubbio i punti principali della riforma.

È stata approvata in via preliminare dal Consiglio dei ministri una prima parte importante dei decreti delegati. Quali sono?

Il primo testo approvato riguar-È da l’assistenza sanitaria. Il punto caratterizzante di questa disposizione è l’equiparazione tra malattie fisiche e psichiche. Ci sono una serie di norme riguardanti il trattamento sanitario in carcere. Ad esempio c’è la previsione di sezioni specificatamente riferite all’infermità psichica sopravvenuta durante la detenzione, in questa maniera si rafforza la gestione sanitaria del carcere con un ruolo determinante delle Asl. Un altro aspetto fondamentale è che il medico non farà parte della commissione di disciplina e avrà quindi la libertà di chiedere l’interruzione di un eventuale situazione di isolamento che non sia compatibile con lo stato psichico fisico della persona.

Poi ci sono le misure alternative.

Sì, per quanto riguarda il testo sulle misure alternative c’è da dire che vengono messi in atto una serie di cambiamenti. Parliamo ad esempio dell’affidamento in prova. Secondo l’ordinamento attuale questa misura alternativa viene applicata alle persone che non hanno superato i tre anni di pena. Con il nuovo ordinamento la soglia si allarga a quattro, relativamente a quella da eseguire. Sempre per l’affidamento in prova, ci sono diverse indicazioni sull’esecuzione. Ad esempio coloro che non hanno una dimora propria, possono accedere a un luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, oppure a un luogo di dimora sociale appositamente creata per l’esecuzione della pena. Poi, altro elemento importante, c’è anche il discorso relativo alla responsabilizzazione. All’atto dell’affidamento ci sarà un piano di trattamento individuale in cui ci sono i rapporti con l’Uepe ( Uffici per l’esecuzione penale esterna) e con altri soggetti pubblici o privati con finalità di cure e sostegno. Viene considerato anche attraverso l’assunzione di specifici impegni per attenuare le conseguenze del reato e, cosa molto importante, l’adoperarsi anche a favore della vittima. È interessante sottolineare che verrà istituita anche una specie di affidamento in prova per le persone con infermità psichica e sarà una sorta di presa in carico terapeutica.

Ma le misure alternative riguardano anche i reati ostativi?

Sì, ma vengono esclusi coloro che sono accusati di criminalità organizzata e terrorismo. Però rimangono tutti gli altri reati che rientrano nel 4 bis per i quali i magistrati hanno la possibilità di rivalutare un percorso.

Secondo lei è giusta questa esclusione?

Io sono contro il concetto teorico di ostatività. Sono dell’idea che la preclusione automatica toglie al giudice la possibilità di valutazione. Si tratta di una questione di cultura giuridica. Il giudice deve avere la possibilità di valutare, magari non concederà i benefici, ma è giusto che abbia potuto valutare il cambiamento o meno di una persona. Penso al libro “Fine pena ora” del magistrato Elvio Fassone. Lui aveva condannato all’ergastolo un mafioso, ma poi ha potuto osservare il cambiamento: perché togliere al giudice la possibilità di valutazione?

Per quanto riguarda invece la valorizzazione della giustizia riparativa?

Ancora non l’hanno approvata perché è un decreto a se. Questa misura, su base volontaria, è già esistente nel nostro ordinamento e ha avuto risultati positivi, ma di nicchia. Secondo me il risultato culturalmente più importante è che la giustizia riparativa ha introdotto il principio che non necessariamente a un male bisogna reagire con un altro male: in fondo la privazione della libertà è un altro male. La giustizia riparativa, invece, fa in modo che si può rispondere alla commissione di un male predisponendo un percorso che faccia acquisire consapevolezza e si riannodi quel filo sociale che con la commissione del reato si è reciso.

Affettività e lavoro penitenziario: altri due capitoli importanti della riforma.

Ancora non sono stati approvati perché richiedono risorse finanziarie e ancora deve essere approvata la legge di bilancio. In alcuni istituti penitenziari europei sono autorizzati gli incontri tra partner, ma ci sono delle situazioni che lasciano molto a desiderare. È necessario perciò predisporre dei mini- moduli sufficientemente attrezzati nei quali accogliere adeguatamente le coppie. Per questo servono risorse finanziarie.