Approvato in extremis dal Consiglio dei Ministri prima della fine dell’anno, il decreto che riforma il sistema delle intercettazioni unisce nella critica avvocatura e magistratura. Fortemente voluto dal Ministro della Giustizia, è stato definito dal Guardasigilli Andrea Orlando un testo che «senza restringere, ma anzi autorizzando ad intercettare in un modo più agevole, impone una serie di vincoli e divieti che impediscono di usarle come strumento di diffusione di notizie improprie». Proprio la necessità di tutela della privacy è stata uno dei binari su cui il ministro non è sceso a compromessi, con una legge che «impone una serie di divieti di pubblicazione di notizie improprie che ledono la personalità di soggetti che a volte non sono neppure coinvolti». Secondo Orlando, dunque, i decreto riordina la caotica galassia delle intercettazioni, «creando un quadro più chiaro delle procedure mediante le quali vanno tolte dai fascicoli le conversazioni che non hanno rilevanza penale, c’è un procedimento di contradditorio per definire cosa deve andare e osa non deve andare nei fascicoli e ci sono una serie di responsabilità in riferimento ai capi degli uffici in ordine alla custodia e alla distruzione di ciò che non è rilevante».

Se il dl incassa il plauso di governo e maggioranza, con la presidente della commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti che lo ha definito «un testo equilibrato, che tenendo in debito conto gli aggiustamenti suggeriti nei pareri parlamentari assicura un ragionevole bilanciamento tra efficacia investigativa, diritto di difesa, interesse alla privacy e diritto di cronaca», convince meno gli operatori del diritto.

«Non mancano le criticità: la nostra non è una bocciatura ma si poteva fare meglio», è il primo commento del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Eugenio Albamonte. Il profilo di maggiore criticità, secondo le toge, è «lo strapotere della polizia giudiziaria». In particolare, «la selezione delle intercettazioni rende praticamente impossibile il controllo da parte del Pm. Le intercettazioni ritenute irrilevanti non verranno trascritte ma sarà indicato nel verbale soltanto il tempo di registrazione e l’utenza intercettata senza che ne venga indicato anche in minima parte il contenuto. Una modalità che non ci convince assolutamente», ha rilevato Albamonte, facendo riferimento diretto a un fatto di cronaca recente e affondando il dito in una piaga aperta proprio per il partito che sostiene governo e maggioranza: «È singolare che dopo la vicenda Consip, per citare la ferita aperta di intercettazioni mal trascritte, non si sia voluto garantire un sistema che consenta di verificare ex post eventuali errori di valutazione commessi dalla polizia giudiziaria». E a poco è servita la replica di Orlando, che ha provato a stemperare il clima di polemica definendo «infondata» la preoccupazione di Anm, «anche perché il testo è cambiato nel senso auspicato dall’Anm, anche se non esattamente come richiedeva. C’è un’interlocuzione tra pm e polizia giudiziaria per cui alla fine è sempre il pm ad essere il “dominus” dell’indagine».

Sul fronte dell’avvocatura permangono altrettante perplessità. Se è stato accolto con plauso l’allungamento dei tempi da 5 a 10 giorni con possibile proroga fino a 30 per consultare le intercettazioni ( di cui comunque non sarà possibile estrarre copia nell’immediatezza), la maggiore fonte di polemica è la norma sull’ascolto delle conversazioni tra legale e assistito ( che sono vietate ma che - secondo il nuovo testo - nel caso in cui avvengano per errore non sono in alcun caso trascrivibili). «Si prevede il divieto di trascrizione dei dialoghi, ma è una misura che tutela solo rispetto all’esterno e di fatto la polizia giudiziaria e il pm vengono a conoscenza delle strategie difensive», ha commentato su Il Messaggero il presidente delle Camere penali, Beniamino Migliucci. I penalisti, inoltre, lamentano il fatto che il giudice decida l’acquisizione delle intercettazioni al fascicolo in camera di consiglio ( e dunque senza la presenza necessaria del difensore) e solo con contraddittorio cartolare. Infine, «prima avevamo copia di tutto il fascicolo del pm, adesso invece le conversazioni non trascritte si potranno solo ascoltare», soprattutto «in tempi strettissimi», ha sottolineato ancora Migliucci. Una serie di criticità, queste, che condizioneranno il lavoro e la strategia processuale degli avvocati, a partire dal dato operativo dell’ascolto materiale delle registrazioni senza possibilità immediata di estrarre copia dei brogliacci.