«Proprio oggi abbiamo deciso la sospensione di un magistrato ordinario e da quanto so analoga decisione dovrà assumere il Consiglio di Stato entro breve termine». Il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, non lo cita per nome ma il riferimento è al pm di Rovigo, Davide Nalin, sospeso in via cautelare facoltativa dalle funzioni e dallo stipendio per decisione della Sezione Disciplinare del Csm, e «l’analoga decisione» riguarda il consigliere di Stato Francesco Bellomo ( da ieri indagato dalla procura di Bari per estorsione). Entrambi i magistrati sono coinvolti nella vicenda della Scuola di formazione giuridica “Diritto e scienza” e questi fatti stretta attualità sono stati presi a spunto da Legnini - intervenuto ieri alla conferenza di “Italiadecide” alla Camera dei Deputati - per una riflessione su uno dei temi contenuti nel Memorandum di “Italiadecide” in materia di cooperazione tra le giurisdizioni superiori: l’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili. «Esiste la necessità impellente di armonizzare la disciplina sostanziale e di rito in materia disciplinare: l’argomento è contenuto nel Memorandum e alcuni consiglieri del Csm hanno chiesto al Comitato di presidenza l’apertura di una pratica per discuterne. Ora la Sesta commissione è al lavoro per stendere una prima risoluzione, che potrà essere sottoposta al plenum nei prossimi giorni», ha detto Legnini, il quale ha definito il caso Bellomo- Nalin «paradigmatico». Il vicepresidente del Csm ha sottolineato come «a fronte di analoghe contestazioni, vi è un giudice amministrativo e uno ordinario con discipline della responsabilità diverse. Ecco, in questa materia il coordinamento e il dialogo tra giurisdizioni superiori non può tardare ad avvenire e a tradursi in iniziative legislative». Del resto, sulla diversità del procedimento disciplinare per i magistrati del Consiglio di Stato era intervenuto con una vena polemica nella stessa mattinata anche Filippo Patroni Griffi, presidente di Sezione del Consiglio di Stato, il quale ha evidenziato «le lacune nel procedimento disciplinare del Consiglio di Stato, che non ha poteri ispettivi. Per questo bisognerebbe ipotizzare l’estensione della normativa per i magistrati ordinari anche per quelli amministrativi: in ottica integrata, penso a un ufficio della Procura generale con poteri ispettivi e di indagine».

La questione della responsabilità disciplinare della magistratura è stata sollevata anche dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che ha ricordato come «su questo terreno mi sono cimentato anche io, con poco successo», rivendicando la proposta di «estendenere a magistrati amministrativi e contabili le sanzioni e gli illeciti previsti per magistrati ordinari». Eppure, ha ribadito Orlando, «credo che il suggerimento meriterebbe di essere ripreso, perchè tra tutte le strade questa è la più praticabile». Orlando ha poi analizzato il testo del Memorandum, sottolineando quanto la funzione di nomofilachia e la cooperazione delle Corti superiori sia fondamentale per il buon andamento dell’amministrazione della giustizia, «a partire dalla ragionevole durata del processo, una durata che spesso si allunga a causa degli stalli nella fase decisionale proprio forse per l’incertezza applicativa delle norme». La cooperazione tra Cassazione, Corte dei Conti e Consiglio di Stato è tanto più importante «perchè mette al riparo dal rischio della gerarchizzazione - ha ragionato Orlando-. Se non c’è capacità di costruire raccordo tra giurisdizioni, alla fine la spinta può essere solo la gerarchizzazione e questo è un concreto pericolo per l’ordinamento».

In rappresentanza del Governo, è intervenuta anche la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi: «Sono aumentate le fonti di produzione del diritto e non tutto dipende più dal Parlamento e dal Governo: il legislatore nazionale ha perso il monopolio del diritto ed è certo che, oggi, l’ipertrofia normativa e il sovrapporsi delle previsioni abbia dato alle Corti superiori un ruolo fondamentale di supplenza nell’interpretazione delle leggi». In un accenno seppur velato all’attualità politica, Boschi ha ricordato come il proliferare di norme anche contraddittorie sia stato determinato «dall’instabilità, che ha portato a un frequente mutamento di indirizzo politico e a una conseguente volontà di tornare sulle scelte per dare al Paese l’evidenza del proprio programma». Instabilità politica, ipertrofia legislativa e pluralismo di centri di produzione di norme ( legislazione europea, regionale e delle autorità amministrative indipendenti sono solo alcuni degli esempi) sono dunque i punti nevralgici di una crisi del sistema, affrontabile solo attraverso una piena assunzione di responsabilità da parte della politica, «che deve offrire un impegno a fare meglio», ma anche della magistratura, che deve puntare a una maggior «responsabilizzazione per arrivare a una uniformità interpretativa».