'Per motivi familiari smetto da oggi lo sciopero del vitto, mentre continuo quello della terapia. Lo faccio per sottolineare ancora il mio caso particolare, ma anche per evidenziare quello generale della ‘ sorveglianza’ nelle carceri che non è in grado di soddisfare quel livello di sanità e umanità necessario per chi è affetto da gravi e pericolose patologie'. Inizia così la lettera che Marcello Dell’Utri, dal carcere romano di Rebibbia, ha inviato a Nicola Porro in occasione dello Speciale ' Matrix: Il caso Dell’Utri', che è andato in onda ieri sera in seconda serata su Canale 5. ' Conosco casi di detenuti in condizioni peggiori delle mie e senza voce alcuna per farsi sentire - continua l’ex senatore - sono in balia di una magistratura cosiddetta di ‘ sorveglianza’ che spesso nulla sorveglia e giudi- ca con la vista corta d’una spanna. Sono mesi che ho chiesto di parlare col ‘ magistrato di sorveglianza’ ma non ho mai avuto risposta'. L’ex senatore di Forza Italia, condannato in via definitiva a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, ribadisce di non voler chiedere ' alcuna grazia' e invita anche a ' non prendere iniziative in tal senso'. Dell’Utri, però, ringrazia ' quanti si sono mobilitati in mio favore sperando che qualcosa possa cambiare e mutare l’indifferenza in effettiva azione per migliorare le condizioni di una pena che spesso è una condanna alla dissoluzione della persona'.

Intanto la Procura di Milano ha chiuso l’inchiesta in cui Dell’Utri è accusato di ricettazione e appropriazione indebita di libri antichi. L’indagine aveva portato nel marzo 2015 al sequestro di 20mila volumi di notevole rilevanza storica e documenti archivistici, del valore di alcuni milioni di euro. Tutti di proprietà di Dell’Utri al quale viene contestata la ricettazione di una quarantina di libri antichi e gli viene addebitata l’appropriazione indebita di 208 libri che non avrebbe restituito alla collezione d’arte ‘ De Michelì del Comune di Trezzo d’Adda. L’ex Senatore si è sempre difeso sostenendo di non sapere che i libri in suo possesso fossero rubati.