«Non ci sarà una stretta sulle intercettazioni ma sulla modalità attraverso la quale vengono selezionate, al dibattimento andranno solo quelle essenziali», assicura il ministro della Giustizia Andrea Orlando, all’indomani del via libera al decreto legislativo in Consiglio dei Ministri. Il dl intercettazioni- «la prima riforma dopo vent’anni», come piace ricordare al Guardasigilli - prevede infatti che «gli ascolti che non hanno rilevanza penale dovranno essere custoditi fino alla fine del processo e poi eliminati», perchè «il parametro è perseguire il reato, mentre quelle ininfluenti devono restare fuori». A Repubblica Tv il ministro si è trovato però a rispondere soprattutto dell’accusa del candidato premier 5 Stelle, Luigi Di Maio, di aver prodotto una legge “berlusconiana”. «Niente affatto, nessun accordo Pd- Forza Italia: lo dimostra il fatto che il partito di Berlusconi ha detto che quello sulle intercettazioni è un provvedimento inutile». Critiche al testo sono arrivate anche da Nino Di Matteo, ex pm di Palermo e ora alla Procura nazionale antimafia, secondo il quale la riforma «rischia di far perdere importanti elementi di prova e di compromettere anche il diritto alla difesa», perchè «mettere solo i brani essenziali nei provvedimenti della magistrature è una regola inutile, e alla fine potenzialmente pericolosa». Insomma, secondo il magistrato il tentativo di privilegiare il diritto alla riservatezza rischia di «compromettere valori altrettanto se non più importanti, come il diritto all’informazione, le esigenze investigative e il diritto di difesa». La paura di Di Matteo è quella di un «depotenziamento» degli strumenti d’indagine e che la polizia giudiziaria diventi «il vero dominus» nella gestione delle trascrizioni.

Paura, questa, liquidata dal ministro in modo esplicito: «Non esiste una riduzione della possibilità di fare intercettazioni, la stretta è su quelle da utilizzare, perchè d’ora in poi potranno essere usate solo quelle strettamente necessarie. Le altre finiscono in un Archivio su cui è responsabile il capo della Procura». Del resto la linea di Via Arenula è quella di riequilibrare la tutela dei principi costituzionalmente garantiti: «la Costituzione autorizza l’intercettazione non per fare l’analisi morale degli indagati, ma per accertare i reati», non si stanca di ripetere il Guardasigilli.

Affrontando il tema delle intercettazioni, di rito è stata la domanda sulle inchieste che negli ultimi tempi hanno riempito le cronache, proprio a partire dalla pubblicazione sui giornali degli ascolti: Mafia Capitale e il caso Consip. Il ministro non si è sbilanciato nel contestare l’attività della magistratura, precisando come «molte intercettazioni sono utili, anche se non sono la pistola fumante e non contengono la confessione», e per farlo cita proprio le conversazioni tra Buzzi e Carminati ( «l’intercettazione di Buzzi che dice a Carminati quelle cose serve a dimostrare la sua attività» ) e anche quelle tra Matteo Renzi e il padre ( «La gran parte delle intercettazioni sono funzionali all’accertamento del reato. Uno che invita l’indagato a dire la verità serve, perché fa capire l’atteggiamento» ). Secondo il ministro, invece, «altra cosa sono le conversazioni private, e penso all’inchiesta su Ricucci» ( di Stefano Ricucci, uno dei “furbetti del quartierino” finito sotto inchiesta per la scalata di Antonveneta, vennero pubblicati gli sms personali che gli inviava la compagna Anna Falchi). Orlando risponde anche alle critiche di Anm, con il presidente Eugenio Albamonte che dalle pagine del Corsera criticava la stretta sull’uso dei Trojan, i virus spia che “infettano” i dispositivi elettronici: «Si torna sempre più indietro: il pm deve indicare i luoghi in cui intercetterà, ma come si fa a sapere prima dove andrà l’indagato con il cellulare?». Il ministro ha spiegato le ragioni della riduzione del loro utilizzo ai roli reati di mafia e terrorismo e la loro stretta disciplina con il fatto che «un criterio andava individuato perchè non sono intercettazioni ambientali qualsiasi, ma una sorta di Grande Fratello permanente, un sistema con una potenza tremenda», ma si dice certo che non ci sia alcun rischio di una loro sostanziale inutilizzabilità.

Dal punto di vista dell’iter approvativo del dl, ora che il Cdm lo ha varato manca ancora solo il parere non vincolante delle commissioni parlamentari: poi il Governo potrà concludere l’esercizio della sua delega parlamentare, dando il definitivo placet al testo, che diventerà legge.